LAURA LANA
Cronaca

Quel filo rosso (sangue). La ferocia dell’hinterland e i genitori massacrati: quattro casi in meno di tre anni

"Ho ucciso mio padre, venite subito": Gianluca Loprete, 19 anni, aveva fatto a pezzi Antonio. Lorenzo D’Errico bruciò il corpo del padre, Daniel Gandolfo accoltellò la madre davanti alle sorelle.

"Ho ucciso mio padre, venite subito": Gianluca Loprete, 19 anni, aveva fatto a pezzi Antonio. Lorenzo D’Errico bruciò il corpo del padre, Daniel Gandolfo accoltellò la madre davanti alle sorelle.

"Ho ucciso mio padre, venite subito": Gianluca Loprete, 19 anni, aveva fatto a pezzi Antonio. Lorenzo D’Errico bruciò il corpo del padre, Daniel Gandolfo accoltellò la madre davanti alle sorelle.

"Ho ucciso mio padre, venite subito". Non è la telefonata al 112 di sabato notte, fatta dal diciassettenne che ha sterminato la sua famiglia in via Anzio. È quella di Gianluca Loprete, che il 12 giugno 2022 fece a pezzi il genitore. Letteralmente a pezzi. Tanto che la Scientifica impiegò ore per raccogliere i pezzi e portarli via in diversi sacchi neri. Antonio, bancario 57enne, dirigente in Bpm, era stato ucciso nella notte dal figlio 19enne, nell’appartamento in cui vivevano insieme in via Saint Denis. Poi, fino alle 7 di mattina, Gianluca lo aveva disossato e tagliato in decine e decine di parti con un coltello da cucina. "Ho fatto una cazzata", le uniche parole che era riuscito a pronunciare davanti ai carabinieri, che lo avevano portato in caserma. La mamma lontana, trasferita all’estero, loro due già seguiti dagli operatori sanitari per episodi di depressione. Un omicidio che aveva sconvolto tutta la città, che si era svegliata con il macabro ritrovamento in una domenica di elezioni amministrative.

A parte l’omicidio di Sofia Castelli un anno fa, accoltellata a morte nel sonno dall’ex fidanzato, negli ultimi anni tutti i delitti del Nord Milano (e non solo) sono avvenuti tra consanguinei. E tutti per mano di figli. Il 30 dicembre 2021 Lorenzo D’Errico, 37 anni, ammazzò il padre Carmine nella villetta di via della Libertà, dove convivevano non senza problemi dopo la scomparsa per malattia della madre. La vittima aveva 65 anni, soffriva di un carcinoma in stato avanzato. Lorenzo lo aveva massacrato con una picozza da modellismo, oggetto piccolo ma molto affilato, colpendolo almeno 40 volte alla testa. Dopo averlo ucciso, aveva girato tutta la notte di San Silvestro con il cadavere del padre avvolto nel cellophane e chiuso nel bagagliaio di una Ford Fiesta. Lo aveva poi portato in un capannone dismesso di Cerro Maggiore, dove era già stato a scattare delle foto. E gli aveva dato fuoco. Subito dopo aver occultato il cadavere, aveva chiamato la trasmissione "Chi l’ha visto". Diversi gli appelli che lo vedevano, preoccupato, cercare notizie sul padre, "uscito di casa solo con un pigiama e poi scomparso nel nulla". Ai telespettatori aveva fatto presumere che Carmine avesse scelto un gesto estremo, per non affrontare la malattia. I carabinieri non si sono mai bevuti la storia e, dopo mesi di indagini e dopo il ritrovamento per puro caso del cadavere carbonizzato, è stata ricostruita tutta l’atroce verità. Il 22 giugno La Corte d’Assise di Monza ha riconosciuto a D’Errico le attenuanti generiche, condannandolo a 24 anni.

Il 22 marzo 2022 Maria Begoña Gancedo Ron, bibliotecaria del Comune di Cologno Monzese di 60 anni, era stata uccisa dal figlio Daniel Gandolfo che l’aveva presa a coltellate dopo una lite avvenuta nella casa di San Maurizio al Lambro. Quindici anni fa Begonia, come la chiamavano gli amici, era rimasta vedova e aveva cresciuto da sola i figli: oltre a Daniel di 28 anni anche le due gemelle di 23 anni, entrambe con sindrome di Down. Il figlio maggiore aveva accoltellato la madre proprio davanti alle sorelle. Diversi fendenti inflitti alla donna, con un’escalation di violenza che durava già dal giorno prima. "Ammazzerò mia madre", urlava in cortile. Detto, fatto. Dopo i colpi mortali, anche l’accanimento sul corpo ormai esanime. Per ore Daniel si è dato da fare con un coltellino svizzero, arrivando quasi a sventrare il cadavere della donna. Nel settembre dell’anno scorso il 28enne è stato assolto dall’accusa di omicidio per “vizio totale di mente“, cioè infermità: dovrà trascorrere dieci anni in una comunità psichiatrica.

Poco più di un mese fa è stata ridotta da 26 a 20 anni la pena per Rosa Fabbiano, che nel 2022 a Melzo strangolò e fece a pezzi la madre Lucia Cipriano, 84 anni, sigillandone il corpo nella vasca da bagno. Alla sorella, residente a Trento, aveva detto che la mamma era ricoverata in una Rsa.