SIMONA BALLATORE
Cronaca

Quel genio incompreso e “punito” E la fatica di trovare la scuola giusta

Plusdotazione scoperta in quarta elementare, le maestre si mettono in gioco. Ma il salto alle medie ora fa paura

di Simona Ballatore

"Martino è sempre stato un bambino particolare, oggi guardando indietro leggiamo il suo comportamento con occhi diversi". Gli occhi di una mamma e di un papà che hanno finalmente scoperto il dono - tanto grande quanto complesso da gestire - di loro figlio: Martino è plusdotato. Ha un quoziente intellettivo di 130 per tutte le competenze che riguardano il linguaggio, la capacità di ragionamento e analisi e di studio. E non è stato semplice capirlo: fino alla terza elementare per le maestre semplicemente "disturbava" per attirare l’attenzione. Oggi Martino ha 9 anni. "È nato alla fine dell’anno, quindi, è sempre stato “obbligato” a doversi adattare a stare con bambini più grandi – racconta la mamma –. È sempre stato legato in modo quasi ossessivo alle routine giornaliere, si è sempre svegliato come un orologio svizzero, i rumori forti o le situazioni un po’ stressanti, come i nonni troppo agitati quando lo vedevano, lo hanno sempre mandato in panico: poteva piangere anche per due giorni. Noi eravamo inesperti al primo figlio, con un mare di consigli sempre contrastanti".

Al nido preferiva interagire con gli adulti piuttosto che con i coetanei, a due anni parlava fluidamente, utilizzando termini complicati. "Gli altri genitori cominciarono a dirmi che Martino era speciale, che parlava e interagiva come un bambino molto più grande, ma a noi sembrava tutto normale: leggevamo tanto, nei momenti di sconforto o di ansia i libri erano il suo rifugio. Un libro lo calmava, lo rassicurava, e quindi era normale che avesse un ricco vocabolario". Qualche difficoltà ad adattarsi alle regole all’asilo, alle elementari i primi “scogli“: "Al primo colloquio la doccia fredda – spiega la mamma –. Martino disturbava, si alzava, parlava da solo, addirittura parlava con i suoi amici pupazzi durante le lezioni, tamburellava incessantemente con la penna sul tavolo o col piede per terra. Mi fu detto, tra le righe, che il suo comportamento era una carenza di attenzione da parte mia. Nel frattempo era arrivata anche una sorella, le maestre deducevano che dessi più attenzione ai fratelli e per questo i suoi atteggiamenti anche sfidanti erano interpretati come richiesta di attenzione. Quella prima impressione sbagliata lo ha segnato e continua parzialmente a segnarlo". Si rifugiava nella storia, “divorava“ libri per bambini più grandi di lui, continuava ad essere irrequieto. "Più volte, almeno una volta al mese, venivo fermata fuori da scuola per essere messa al corrente delle sue “malefatte”, con lui presente e mortificato – ricorda la mamma – in più i colloqui erano solo incentrati sul suo comportamento. Di rendimento non si parlava mai, d’altronde era ottimo. Il pensiero e la sua fervida immaginazione lo portava a vagare con la mente e a disturbare, inconsapevolmente, la lezione". Alla fine della terza in un colloquio "speciale" per bambini "problematici" fu detto ai genitori che Martino avrebbe avuto bisogno di essere affiancato: pensavano soffrisse di deficit dell’attenzione. In quarta, finalmente, la svolta: "Tramite una conoscente che aveva gli stessi problemi abbiamo scoperto che l’università di Pavia ha un centro studi per bambini plusdotati e trovato uno studio che potesse rispondere nero su bianco a tutti i nostri perché". il quoziente intellettivo è sopra la media sì. "Questo però genera un conflitto tra età cognitiva ed età affettiva, le sue emozioni sono molto più forti di quelle dei suoi coetanei, arrivano dirompenti, così come i suoni forti che ancora adesso non riesce a tollerare. In più, la sua capacità cognitiva gli permette di capire la sua diversità, ma la sua parte affettiva non riesce a gestirla, e qui si genera un conflitto interno che gli porta una grande rabbia ed emozioni negative incontenibili, soprattutto quando non viene capito e ascoltato dagli adulti".

Si volta pagina: "Nella sofferenza passata in questi anni siamo stati fortunati, le nostre maestre hanno comunque voluto mettersi in gioco, hanno anche accettato un colloquio con la psicologa che ha fatto i test, per capire come comportarsi e che strategia usare con lui", conferma la mamma. "Ci lascia però molto più amareggiati sapere che Il 4% dei bambini Italiani è plusdotato e il loro valore non solo viene ignorato, ma addirittura additato e punito: gli insegnanti non sono in grado di riconoscerli (se non grazie a doti personali), perché non viene fatta una formazione adeguata, che può essere richiesta, ma difficilmente viene accettata – concludono i genitori –. Bisogna essere fortunati, trovare le persone giuste, ma la scuola non può basarsi su questo. E adesso che Martino è in quarta, il problema si ripropone con le medie: ha bisogno di una scuola che lo lasci libero di pensare, che non lo incaselli, che lo lasci volare, aiutandolo a sviluppare il suo potenziale, che poi è il diritto di ogni bambino, qualsiasi sia il suo quoziente e le sue predisposizioni. Questi bambini vengono sballottati da una scuola all’altra, ogni volta devono ricominciare da capo, ogni volta devono reinserirsi in un nuovo contesto, proprio loro che faticano a interagire con i compagni".