REDAZIONE MILANO

Quel grande abbraccio della città all’ex calciatore Brighenti

Dal mondo della sfera di cuoio aveva avuto tutto quanto un calciatore può chiedere. Successo, fama, trionfi. Ma lui, Sergio Brighenti, ex colonna di Inter (due scudetti vinti con i nerazzurri), Sampdoria, Modena, Padova, Triestina e Torino,e vice di Azeglio Vicini in nazionale ai mondiali di Italia 1990 e tecnico, tra le altre, anche del Varese, è rimasto una persona semplice. Paradigma lucente di un calcio che oggi si stenta a trovare.

Di Arluno non era, era stata Modena a dargli i natali. Ma l’ha scelta per ragioni affettive e, a giudicare dalla commozione della folla che ha preso parte alle sue esequie, è come se lo fosse sempre stato. Lo ricordano in paese come una persona alla mano, disponibile, certo giustamente fiera dei suoi trionfi ma non per questo disposta a mettersi su un piedistallo a distacco della gente comune. Brighenti ora giace nel piccolo cimitero arlunese a fianco del figlio. Ha scelto Arluno per stare accanto ai suoi nipoti e alla sua famiglia.

E Arluno ha scelto lui, ha scelto di tributargli affetto.

E molti, anche sui social, hanno voluto esprimergli vicinanza, non ultimo il primo cittadino Moreno Agolli che ha espresso il suo dolore per questa scomparsa. Brighenti fu, tra l’altro, lo scopritore di un "certo" Roberto Mancini, attuale tecnico della nazionale che egli lanciò da giocatore.

Brighenti fu peraltro il primo calciatore azzurro a lasciare l’impronta di una rete a Wembley, uno dei templi del calcio mondiale. Le sue gesta sono diventate anche letteratura grazie a un libro del casalese Christian Pravatà dal titolo "Dai salesiani a Wembley".

Cristiano Comelli