REDAZIONE MILANO

Quella telefonata dal Niguarda che ha salvato un ragazzo ucraino

Quando la Russia ha attaccato l’Ucraina, la dottoressa Francesca Schioppa dell’Unità spinale del Niguarda ha pensato a Bohdan. Un ragazzino ucraino di 14 anni, paraplegico dalla nascita a causa della spina bifida, una malformazione che a lui è toccata nella forma più grave, il mielomeningocele, caratterizzato dalla formazione incompleta delle ossa della colonna. Il Niguarda l’aveva seguito dieci anni fa, ma poi era stato operato a Kiev per contenere gli effetti della "scoliosi neurologica": l’ultimo intervento a febbraio 2021, ma dopo sei mesi Bohdan ha iniziato ad avere problemi. Le barre e le viti usate per creare un’“armatura” sulla sua colonna vertebrale gli avevano provocato una grave infezione. Intanto è scoppiata la guerra, l’ospedale di Kiev ha dovuto chiudere, e Bohdan, che prima "giocava a tennis e nuotava, era a casa allettato e stava sempre peggio", racconta sua nonna Olga, che parla italiano.E che proprio allora ha ricevuto la telefonata della dottoressa, che voleva sincerarsi delle condizioni del suo ex paziente: "Dopo tanti anni si ricordavano di noi". Schioppa li esorta a correre a Milano, ma organizzare il viaggio non è semplice. I genitori di Bohdan, dopo aver contattato inutilmente varie organizzazioni umanitarie, affittano un’ambulanza.

Un viaggio di 30 ore, "praticamente senza soste", con un medico e il papà del ragazzino che si alternano alla guida. L’arrivo al Niguarda di notte, il tempo di preparare l’intervento e via sotto i ferri per sei ore, per rimuovere "tutti i materiali di sintesi utilizzati in Ucraina - spiega il chirurgo vertebrale Pietro Giorgi -. Rischiava uno choc settico che avrebbe messo a rischio la sua vita". L’hanno salvato, ora Bohdan pian piano sta riprendendo "la vita nelle sue mani", dice nonna Olga; e dice che i sanitari del Niguarda "sono e saranno per sempre i nostri angeli".Giulia Bonezzi