Anche i delfini usano il “maternese”: non solo tra loro si chiamano per nome, ma le mamme quando si rivolgono ai loro piccoli cambiano voce, le frequenze aumentano e si fanno più acute. A studiare il loro baby talk è Nicole El Haddad, 27 anni, studentessa dell’università di Milano Bicocca, che ha svolto negli Stati Uniti la sua tesi di laurea magistrale insieme ai ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institute del Massachusetts.
Nicole ha “nuotato“ controcorrente: si era iscritta a Medicina ed era al passo con gli esami, ma all’inizio del quarto anno ha deciso di virare verso la sua passione più grande, il mare. "Voglio lavorare per proteggerlo", si è detta prima di lasciare la facoltà che frequentava a Torino e puntare verso Biologia ambientale per approdare poi a Scienze marine, all’Università di Milano-Bicocca. "E tutti pensavano fossi diventata matta", sorride oggi, forte delle ultime pubblicazioni scientifiche, che le hanno dato ragione.
Il primo progetto di ricerca, in Messico, ha riguardato le tartarughe; per la tesi triennale si è concentrata sulla bioacustica dei delfini, studiando i loro fischi-firma. "Ne ho ascoltati 249, in sessioni di due ore. Ci vuole pazienza, ma che meraviglia sentire tutto il giorno i loro bellissimi suoni. Sono pianista e devo dire che la musica un po’ mi aiutato nell’analisi", racconta Nicole, che nel 2012 si è laureata anche campionessa italiana di canottaggio.
"Ogni delfino ha un suo fischio-firma con cui si presenta subito agli altri per comunicare con loro: è un fischio particolare che lo differenzia, la sua impronta digitale e una sorta di biglietto da visita, come a dire ’Ehi, io sono Marco’ visto che a una certa profondità, con poca luce, è più difficile riconoscersi alla vista. Questo fischio-firma è stabile nel tempo e nella frequenza", spiega Nicole, che lo aveva studiato in campo nella sua prima ricerca prima di accettare la sfida lanciata dalla sua professoressa: concentrarsi sul maternese. Il Covid si è messo di mezzo, limitando qualche viaggio, ma non le sfide. Appena possibile ha chiuso il progetto di tesi magistrale sempre negli Stati Uniti: c’è una banca-dati che si sta arricchendo con i suoni di 269 delfini, tutta da setacciare, e lei ha ascoltato e analizzato i fischi emessi da alcuni adulti femmina registrati nella baia di Sarasota, in Florida.
Diciannove le mamme (identificate ciascuna con il proprio fischio-firma) ascoltate notte e giorno in diverse condizioni, con o senza figli al seguito, oppure in compagnia di altri adulti grandicelli. Da qui la scoperta: "I delfini usano un linguaggio speciale con i loro piccoli – sottolinea Nicole, che parla cinque lingue –. Si chiama “maternese” o baby talk. Ed è il modo attraverso cui delfini comunicano con i cuccioli, proprio come fanno gli umani con i neonati. Un altro aspetto che accomuna la nostra comunicazione con la loro e un altro esempio di evoluzione convergente".
Il suo studio - che è valso un 110 e lode sul diploma di laurea - è stato pubblicato anche sulla rivista scientifica Pnas (lo ha co-firmato con la ricercatrice Laela Sayigh del Woods Hole Oceanographic Institution). "Quando sono con i loro piccoli – spiega la studentessa – le madri utilizzano la frequenza massima del loro fischio-firma più elevata e l’intervallo tra i fischi, quando è presente, ha una durata più breve". Un po’ come le mamme che cambiano voce con i loro bimbi per richiamarli, coccolarli, accompagnarli nella crescita. Quello che si dicono ancora non si sa.
Il sogno di Nicole continua tra delfini, tartarughe, balene e fauna marina: all’orizzonte un dottorato in bioacustica negli Usa mentre sta lavorando come biologa marina a bordo delle spedizioni Wwf Travel nel Santuario dei Cetacei Pelagos. L’obiettivo vero? "Non solo tradurre quello che si dicono – confessa Nicole El Haddad – ma proteggere sempre di più queste creature carismatiche".