MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Ragazza travolta per 300 metri dall’ubriaco: “La sua mano si aggrappava disperatamente alla portiera”

Tra residenti e passanti, tanti si sono fermati a soccorrere la giovane. Giulia, che era lì per caso, l’ha coperta. “Poi ho telefonato ai suoi genitori”

Le urla, lo choc, il sangue. "È stato terribile vedere quella povera ragazza ridotta a quel modo: dopo essere stata trascinata dall’auto per centinaia di metri era una maschera di sangue. Aveva i vestiti a brandelli. Chiedeva aiuto". Lo raccontano alcuni cittadini che domenica sera sono intervenuti per liberare la giovane di 23 anni investita tra le vie Ricotti e Mercantini e rimasta incastrata sotto l’auto che l’ha travolta, una Ford Fiesta.

Tra loro Mattia D’Oca, residente di 33 anni, in prima linea: "Erano le 21.50 ed ero in camera mia – racconta – quando a un certo punto ho sentito un rumore fortissimo e poi delle urla disumane, così mi sono affacciato al balcone. C’era una giovane che correva dietro a un’auto in movimento (una ragazza di 29 anni, amica della ventitreenne, pure lei colpita dalla macchina ma di striscio, ndr) e che implorava all’autista di fermarsi. Nel frattempo cercava di richiamare l’attenzione dei passanti: ‘Chiamate la polizia, chiamate l’ambulanza, c’è una persona sotto la macchina!’”.

A quel punto D’Oca ha guardato l’auto e si è accorto di un particolare: "Spuntavano dei piedi accanto alla ruota posteriore sinistra. Si muovevano. Non dimenticherò mai quelle scarpe da ginnastica bianche e nere". Ma non solo: "Ho visto anche una mano che cercava di aggrapparsi disperatamente alla portiera. La persona incastrata lì sotto gridava, ed erano urla terribili, non sembravano nemmeno umane".

Quindi è sceso in strada. "Ho raccolto un cellulare e delle chiavi, che ho immaginato essere della ragazza investita e trascinata, e li ho consegnati alla polizia che nel frattempo era intervenuta bloccando la macchina in piazza Bausan. Oltre a me c’erano altre quattro o cinque persone, che poi sono diventate di più man mano che il tempo passava. La ragazza nel frattempo era stata liberata: era piena di sangue. Era malridotta, però apriva e chiudeva gli occhi. Cercava di restare vigile. Quando poi è arrivata l’ambulanza si è accasciata". Tanta gente si è avvicinata per aiutarla, prima per sollevare l’auto in modo che potesse uscire da sotto la scocca e poi per tamponare le ferite con delle coperte in attesa che arrivassero i soccorsi.

“Io mi sono avvicinata a lei – racconta Giulia Ruffini, che lavora in un bar della zona e che quella sera era uscita con alcuni amici – e ho visto che non aveva più i vestiti perché si erano completamente rotti". Quindi è andata subito nella sua macchina, parcheggiata poco distante, e ha preso una coperta. "Quella che tengo sempre, perché non si sa mai". La ragazza diceva qualcosa? "Sì, mi parlava. A un certo punto mi ha detto “per piacere, chiama mia madre“. E io così ho fatto, con il mio telefono, perché è riuscita a dettarmi il numero".

Il cellulare però squillava a vuoto. "Allora sono andata dai poliziotti, che avevano in mano il suo telefono, ho spiegato la situazione e, proprio dal suo cellulare, sono riuscita a chiamare il padre di lei. Così i familiari hanno saputo". A darsi da fare sono state più persone, "è stato un lavoro di squadra. Una mia amica non ha smesso di parlarle, in modo che rimanesse vigile. Non l’abbiamo mai lasciata sola. Nella disgrazia, è stato un bel momento di solidarietà. Ora facciamo tutti il tifo per lei".