ANNA GIORGI E NICOLA PALMA
Cronaca

Caso Ramy, perché i carabinieri rischiano l’accusa per omicidio volontario. Il padre: “Ho fiducia nella giustizia”

Il papà del 19enne morto nell’inseguimento: “Quei militari sono sbagliati, ma non sono tutti così”. E ora rischia di cambiare l’accusa nei confronti del vicebrigadiere che era alla guida della pattuglia

A sinistra, il fotogramma in cui si vede l'urto tra l'auto e la moto. A destra, Ramy Elgaml

A sinistra, il fotogramma in cui si vede l'urto tra l'auto e la moto. A destra, Ramy Elgaml

MILANO – Anche loro hanno visto i filmati e ascoltato le parole dei carabinieri. Immagini e frasi che non hanno lasciato indifferenti i familiari del 19enne egiziano Ramy Elgaml, morto in via Ripamonti a Milano nello schianto del TMax guidato dall’amico Fares Bouzidi al termine di una fuga partita dopo un alt saltato. Pur mantenendo l’equilibrio che lo ha contraddistinto nell’ultimo mese e mezzo, papà Yehia ha commentato: “Quelli che ho visto nel video, uno, due, tre, sono carabinieri sbagliati. Ma ci sono anche i carabinieri veri. Non sono tutti uguali, e ho fiducia in quelli giusti”.

Subito dopo l’incidente, avvenuto alle 4.03 del 24 novembre, la centrale operativa ha comunicato a tutti gli equipaggi in servizio che lo scooter guidato dal 22enne tunisino Fares Bouzidi era caduto. “Bene”, è stata la risposta di uno dei militari a bordo della terza macchina arrivata sul posto (dotata di dashcam nell’abitacolo), che in quel momento non era a conoscenza né delle circostanze in cui era avvenuto l’incidente né delle condizioni disperate di Ramy. “Anche le parole, di tutti i carabinieri... ’è caduto... bene’. No! Come bene? Perché bene? Non va bene così”, ha aggiunto Yehia. Che ha comunque espresso “fiducia nella giustizia italiana, al 100%”. “Quando ho visto mio figlio morto investito, sotto la gazzella dei carabinieri, mi sono sentita male. Ma poi, dopo 45 giorni, ho potuto dormire. Perché quel video vuol dire che la verità sta arrivando, non è stata coperta”, ha aggiunto la madre del ragazzo, Farida. “Ramy avrà giustizia”, ha chiosato il fratello maggiore Tarek.

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Nell’inchiesta che sta cercando di far luce sulle fasi finali della vicenda, risultano indagati per omicidio stradale Bouzidi e il vicebrigadiere della Giulietta che tallonava il motorino. I fotogrammi registrati da un occhio elettronico comunale mostrano i due veicoli vicinissimi sulle strisce pedonali, prima che entrambi escano di strada, andando a sbattere rispettivamente contro il cordolo di un’aiuola e contro il palo di un semaforo.

Si toccano prima della caduta del TMax? Possibile, anche se quei frame sembrano far pensare più a un urto accidentale legato al contesto di un inseguimento ad alta velocità che a un contatto provocato di proposito dall’autista della gazzella. Non la pensano così gli avvocati di Bouzidi, Debora Piazza e Massimo Romagnoli: “A nostro avviso i video non lasciano spazio a dubbi: c’è stato uno speronamento da parte della macchina dei carabinieri sul motorino, teso a provocarne la caduta e di conseguenza la morte del povero Ramy”. A tal proposito, ieri è emerso che la procura, sulla base della dinamica cristallizzata dai video (peraltro a disposizione degli inquirenti sin dalle prime ore), starebbe valutando la possibilità di contestare il reato di omicidio volontario con dolo eventuale (e non l’omicidio stradale) nei confronti del vicebrigadiere, presupponendo che abbia accettato il rischio che la sua condotta alla guida portasse a un esito diverso da quello voluto.

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Altri due militari sono invece indagati per depistaggio e favoreggiamento, perché avrebbero costretto un testimone oculare, Omar, a cancellare dalla memoria dello smartphone il video che stava girando al momento dell’incidente (come ripreso pure dalla dashcam). Stando a quanto ricostruito finora, anche grazie alla testimonianza dello stesso giovane, i carabinieri avrebbero chiesto di eliminare il filmato senza neppure guardarlo, probabilmente convinti che contenesse immagini del corpo di Ramy a terra.

Intanto, il caso è diventato ancora una volta argomento per la politica. La senatrice di Avs, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha scritto una lettera al comandante generale dell’Arma, Salvatore Luongo, per chiedere “la sospensione e destituzione dei carabinieri che hanno messo negli atti ufficiali una ricostruzione che pare proprio incompatibile con quanto documentato dalle immagini”. “I carabinieri hanno fatto il loro dovere”, il commento del vicepremier Matteo Salvini: “Provo sdegno verso chi getta fango sulle forze dell’ordine”. Sulla stessa linea Roberto Vannacci: “Una persona che non si ferma al posto di blocco deve essere inseguita e fermata”. Così il segretario metropolitano pd Alessandro Capelli: “Le immagini generano dolore e sgomento e chiedono verità e giustizia”.