MILANO – Sette chilometri separano due mondi. La città è la stessa, il giorno pure; da una parte c’è la Milano del Corvetto, dall’altra quella di piazza della Scala. E il primo volto della metropoli, quello più periferico, si mostra in un altro luogo ancora: al cimitero di Bruzzano, dove si concentra il dolore.
Lacrime al funerale di Ramy Elgaml, il diciannovenne di Corvetto morto all’alba di domenica 24 novembre nello schianto del TMax, dove sedeva come passeggero, durante un inseguimento dei carabinieri per un alt non rispettato. L’ultimo commosso saluto al giovane egiziano va in scena nello stesso giorno in cui un testimone oculare, sentito dalla Procura, dichiara di aver assistito in diretta all’incidente e al “contatto” – fortuito e legato alla concitata dinamica degli ultimi istanti – tra lo scooter e la Giulietta del Radiomobile prima che entrambi uscissero in strada; aggiunge a verbale di aver girato un video che i militari gli avrebbero fatto cancellare.
“Ne hanno visto il contenuto prima di farglielo eliminare?”, chiede il pm Marco Cirigliano. “No”, la risposta. Ora lo smartphone è sotto sequestro: gli accertamenti tecnici serviranno a trovare riscontri alla sua versione. A caccia di quella “verità” che i ragazzi del Corvetto chiedono sin dal primo giorno. Sono in tanti a Bruzzano. Vivono in un quartiere giovane: un abitante su cinque ha tra i 15 e i 34 anni, uno su due ha almeno un genitore straniero. Per l’addio a Ramy, in tarda mattinata, sui viali di terra e ghiaia in certi tratti umidi camminano ventenni (pure Elgaml avrebbe compiuto i suoi 20 anni il 17 dicembre) vestiti di scuro in segno di lutto. La maggior parte con indumenti sportivi o casual. Sui loro volti, la sofferenza indicibile per un amico perso.
All’estremità opposta di una linea immaginaria sfavilla invece il pavè elegante del centro calcato nel pomeriggio da altri passi, quelli dei loro coetanei (l’età media è 20 anni) vestiti da gran sera, alcuni con pailettes e lustrini, abiti lunghi, giacche e cravatte, in attesa di entrare al Piermarini per la ‘Primina’. È l’anteprima de “La forza del destino“ che la Scala dedica agli under 30 prima di aprire la stagione, il 7 dicembre. Le istantanee consegnano sorrisi e svelano l’emozione di vivere quell’esperienza speciale respirando un clima già natalizio, mentre si inaugura in contemporanea l’albero di Natale in Galleria Vittorio Emanuele II, a pochi passi, quest’anno sponsorizzato dalla maison Dior dopo Swarovski in passato e Gucci lo scorso anno. Un abete dorato, ispirato alla reggia di Versailles. Così diverso dal panorama di case popolari della periferia. Ma è la stessa Milano. “Una città che è molteplicità e contraddizione”, ha ricordato ieri su queste pagine Antonio Calabrò. Per dirla con Walt Whitman: è una contraddizione perché “contiene moltitudini”.
Il mondo del Corvetto restituisce un mix di linguaggi: l’arabo, quello dell’Imam Mohamed Sedky, che al cimitero guida la cerimonia funebre per Ramy, e l’italiano di familiari e amici cresciuti a Milano. Parla italiano anche Mahmoud Asfa, presidente della Casa della cultura musulmana di via Padova, quando chiede alle istituzioni “di dare opportunità anche ai nostri giovani, che sono figli di questa società. La morte di Ramy sia un punto di partenza per cambiare. Devono avere gli stessi diritti dei loro coetanei, sono italiani a tutti gli effetti”. A margine chiarisce: “Questa legge per cui devi nascere qui e aspettare di avere 18 anni per avere la cittadinanza complica la vita di questi giovani”. Al Corvetto, il 27% non ha cittadinanza italiana.
Anche all’ingresso della Scala si intrecciano accenti diversi. Ma è tutta un’altra storia. Questi ragazzi rappresentano “chi ha possibilità”. Sono arrivati da Francia, Germania, Brasile e persino Corea del Sud. La “Primina” è internazionale. Come le università di Milano, d’altronde. A parte qualcuno che si è appena affacciato al mondo del lavoro, la stragrande maggioranza di questi giovani studia: ci sono futuri medici, ingegneri, avvocati oltre ai musicisti. Ci sono habitué della Scala e c’è chi entra nel “tempio” per la prima volta, ma il minimo comun denominatore è l’università.
“Sono cresciuta a pane e lirica”, confessa Sonia, che studia Relazioni Internazionali a Milano. Una colonna sonora che sembra stridere con la “generazione trap” che tiene testa al Corvetto. E se, sulle poltroncine rosse del Piermarini, gli studenti sono la maggioranza, il Corvetto è una delle zone con alta percentuale di dispersione scolastica. Quella “implicita“ – una statistica che si riferisce ai ragazzi che terminano la scuola ma non hanno le competenze adeguate per affrontare un percorso universitario o lavorativo – secondo gli ultimi dati Invalsi nella virtuosa Lombardia si ferma al 2,2%, al di sotto della media italiana dell’8,7%. Ma nell’arcipelago Milano sale al 7,3%, con punte che oltrepassano il 24%. Al Corvetto, appunto.