Tempo fa aveva affidato alle agenzie di stampa un appello “affinché siano disposti a fargli passare gli ultimi anni della sua vita in un ricovero”. Antonella D’Agostino è l’ex moglie di Renato Vallanzasca, uscito dal carcere per entrare in una casa di cura come disposto dal Tribunale di Sorveglianza che ha accolto l’istanza dei suoi legali.
Amici dall’infanzia, si erano sposati solo nel 2008 quando di Vallanzasca e della sua fosca epopea rimaneva soltanto il ricordo. Avevano divorziato dieci anni dopo. Signora D’Agostino, cosa l’aveva spinta a lanciare l’appello per il suo ex marito? «Nella mia vita ho sempre cercato di fare le cose giuste. Con Renato, ancora prima di sposarci, ci eravamo promessi che ci saremmo aiutati a vicenda. A parte questo, conoscendomi, penso che avrei fatto lo stesso per qualunque altra persona. È una cosa mia». Perché? «Era una situazione ingiusta, senza senso. Io detesto qualunque forma di ingiustizia. Lo dico nel rispetto del dolore degli altri. Che senso aveva trattenere in carcere una persona che nemmeno sapeva di esserci? Trovatemi qualcuno che ha scontato tanto carcere quanto Renato, è entrato quando era poco più di un ragazzo. Ci sono omicidi e autori di stragi che oggi sono fuori. Era anche una questione di pietà». Qualcuno potrebbe non essere d’accordo neppure sul trasferimento di Vallanzasca in una casa di cura. «Capisco che non sono cose facili. Ma a chi non è d’accordo vorrei ricordare che Renato non è libero, va in quella struttura ai domiciliari. Se guarisce lo riportano dentro. Anche se ‘guarire’ è una parola grossa». Andrà a fargli visita? «Penso di sì. Da un po’ di anni sto più tempo dove sono nata, a Mondragone, in provincia di Caserta, sul mare. Ma credo che quando salirò a Milano lo andrò a trovare».
L’aiuto dei detenuti di Bollate
Nell’ultima parte della vicenda clinica di Renato Vallanzasca, nei racconti di chi gli faceva visita e nell’ordinanza firmata dalla giudice Carmela D’Elia per il suo trasferimento in una struttura sanitaria c’è anche una storia di solidarietà. Alcuni detenuti del carcere di Bollate, definiti dai giudici "caregiver” («piantoni» nel gergo carcerario) gli sono stati vicini da quando hanno iniziato a manifestarsi i primi sintomi della patologia, aiutandolo a mangiare, sostenendolo negli spostamenti, raccogliendolo quando cadeva dal letto. Fra alcuni giorni il trasferimento di Vallanzasca nella Rsa. Si attende la pratica per il cambio di Regione e Azienda sanitaria. Una volta perfezionato l’iter, andrà a Sarmeola di Rubano, Padova, all’Opera della Provvidenza Sant’Antonio, creata una sessantina di anni fa dalla diocesi, che offre servizi ad anziani non autosufficienti, con decadimento cognitivo. Domani l’ex fuorilegge trascorrerà qualche ora nella comunità «Il Gabbiano», nel Lecchese.