Maria Cristina
Zanni*
Sempre più spesso si sente parlare di sexting e revenge porn, termini inglesi che sono entrati nel nostro linguaggio. Per sexting deve intendersi l’invio e la ricezione di materiale (come foto e video) a contenuto sessuale.
Si tratta di un modo di comunicare legale che avviene tra persone adulte e consenzienti.
Il revenge porn, invece, letteralmente tradotto come “vendetta porno”, riguarda sempre l’uso di immagini o video a sfondo sessuale, ma è un illecito punito dalla legge.
Infatti, il codice penale prevede che chi realizza, sottrae, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, debba essere punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 5.000 euro a 15.000 euro.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, da persona che è o è stata legata da relazione affettiva o se commessi ai danni di una donna in gravidanza o di una persona in condizione di inferiorità psichica.
La differenza fondamentale sta, quindi, nel consenso: quando manca, si commette sempre un reato.
In questo caso, per tutelarsi le vittime devono denunciare i fatti entro sei mesi.
Le persone che subiscono questi reati non hanno alcuna colpa e non devono vergognarsi. È fondamentale, quindi, rivolgersi alle autorità competenti e denunciare gli episodi.
*Avvocato