Fidanzate (o ex) adulte il cui video sessualmente esplicito, a loro insaputa, viene venduto su Telegram. E uomini che, convinti di chattare con una ragazza avvenente, realizzano materiale intimo, finendo per essere minacciati e sborsare fino a 10 mila euro per impedirne la diffusione alla cerchia dei conoscenti sui social. Solo quest’anno, e fino a ottobre, sono state circa 1.700 le persone che da tutta Italia si sono rivolte all’associazione PermessoNegato, onlus milanese che, per prima, dal 2019, ha fornito gratis alle vittime di pornografia non consensuale un supporto tecnologico, legale e psicologico.
In media i contatti sono circa 2mila all’anno. Attraverso un team di esperti di tecnologia, cyber security, avvocati, criminologi, si procede all’identificazione, segnalazione e rimozione dei contenuti dalle principali piattaforme online (Meta con Facebook, Google con YouTube, TikTok e MindGeek, proprietario di numerosi siti porno) di cui è partner. "Alla nostra associazione si rivolgono uomini e donne di ogni profilo sociale, incluso professionisti di alto livello. Il range d’età va da 18 ai 60 anni ma abbiamo anche assistito un uomo di 74 anni vittima di sextorsion", puntualizza l’avvocato Nicole Monte, vicepresidente dell’associazione e coordinatrice del team legal.
Fra i fenomeni in crescita "la vendita di materiale sessualmente esplicito che ritrae la ex partner o quella attuale maggiorenne. Si tratta di video e foto che la coppia ha realizzato in un momento di intimità ma ci sono anche casi di riprese di nascosto. In entrambi i casi il materiale viene venduto, senza il consenso della vittima – parliamo sempre di donne – su canali di gruppi su Telegram", afferma Edel Beckman, criminologa clinica in forza all’associazione.
Si stima che il guadagno di questo commercio illegale vada da 5/10 euro a 300/400 euro per ogni singolo utente che faccia richiesta. "Telegram purtroppo funziona molto bene per questa tipologia di reati, dal momento che offre anonimato in fase di registrazione, consente di creare gruppi da migliaia di utenti, e non risponde alla richiesta di rimozione per questo tipo di materiale. La sua policy prevede la rimozione solo in caso di pedopornografia e terrorismo", aggiunge la criminologa.
Non meno odioso è il fenomeno di sextortion. L’autore dell’estorsione sessuale falsifica la sua identità, presentandosi come ragazza avvenente, poi inserita fra gli amici su Instagram e Facebook. "L’account è un fake che avvia una chat erotica dove però solo la vittima, nel 90% un uomo, si fa vedere mentre compie atti di natura sessuale. Una volta acquisito il materiale si interrompe la chat. Quando la presunta donna si palesa, scatta il ricatto: o l’uomo sborsa una somma di denaro – in genere 500 euro con punte di 10 mila euro – o il materiale sarà condiviso con i contatti social della vittima. A nostro avviso è plausibile che ci sia dietro un’organizzazione criminale. Negli anni abbiamo notato messaggi quasi identici, scritti in un italiano non impeccabile, da traduttore automatico. La richiesta di denaro è poi quasi sempre associata alla necessità di curare un parente malato, una scusa. Sconsigliamo sempre di pagare: sarebbe l’inizio di un incubo, alla prima richiesta ne seguiranno altre", conclude Beckman.