ANDREA GIANNI
Cronaca

Cosa rischia Riccardo, il diciassettenne che ha sterminato la famiglia? Il “precedente” di Erika De Nardo

Sul computo della condanna peseranno scelte processuali, l’eventuale ok a una perizia psichiatrica e la questione premeditazione

Milano, 4 settembre 2024 – La difesa punterà a far cadere l’aggravante della premeditazione, una di quelle contestate nell’imputazione di triplice omicidio. Per la procuratrice facente funzione per i minori di Milano, Sabrina Ditaranto, “la nostra ipotesi non cambia” anche in seguito all’interrogatorio di ieri, e “resta la premeditazione”.

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Il nodo perizia

La sorte processuale di Riccardo C., il 17enne che ha ucciso i genitori e il fratellino a Paderno Dugnano, potrebbe giocarsi anche su una perizia psichiatrica, che potrebbe essere chiesta, in una fase successiva, dal suo difensore, l’avvocato Amedeo Rizza, e anche dal pm.

L’unico punto certo è che il ragazzo non verrà condannato all’ergastolo, che per i minorenni non è previsto. Se dovesse scegliere il rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena, considerando anche la diminuente fino a un terzo legata alla minore età, la condanna potrebbe essere sotto i vent’anni di reclusione.

Pena che - sempre restando nel campo delle ipotesi - consentirebbe di uscire dal carcere tra una quindicina d’anni, in un’età tale da consentire di rifarsi una vita e di ricominciare da capo. Il decreto Caivano dell’anno scorso, inoltre, ha escluso anche l’applicabilità della messa alla prova per il reato di omicidio.

La premeditazione

Sull’ammontare della pena - da scontare inizialmente in un Istituto penale per minorenni e poi in un carcere per adulti - avrà di certo un peso il riconoscimento o meno della premeditazione di un delitto che, per la Procura per i minorenni, fu pianificato.

“Abbiamo deciso di interrogarlo nuovamente per puntualizzare qualche dettaglio sulla premeditazione, ma la nostra ipotesi non cambia”, ha spiegato la procuratrice Ditaranto al termine dell’interrogatorio. “Ha ridimensionato un po’ la premeditazione – ha proseguito – rimane un pensiero non immediatamente precedente all’azione. Per il pentimento ci vuole tempo”.

I pm ieri gli hanno chiesto ancora il “perché” e il ragazzo ha continuato a dire che non riesce a spiegarselo. Il “disagio”, ha riferito l’avvocato Rizza, “lo covava da tempo, ma il pensiero di uccidere i familiari l’ha maturato quella sera”.

La strategia difensiva

Secondo la difesa, quindi, anche alla luce di queste dichiarazioni deve cadere l’aggravante della premeditazione contestata dai pm negli atti dell’arresto. E il 17enne non avrebbe confermato una circostanza emersa dal primo interrogatorio, cioè che “ci pensava da tempo”, scegliendo poi il momento giusto per agire.

“È consapevole che verrà condannato e che dovrà trascorrere anni in carcere – sottolinea l’avvocato Rizza – ma in quel momento non si è reso conto del gesto che stava per compiere. Il suo dolore è legato al fatto di non avere più una famiglia”.

I precedenti

Guardando ad altri casi di stragi in famiglia, Erika De Nardo, condannata per il delitto di Novi Ligure con il fidanzato dell’epoca, Mauro “Omar“ Favaro, è tornata completamente libera 11 anni dopo il massacro della madre e del fratellino. Era stata condannata a 16 anni di reclusione per duplice omicidio volontario aggravato. Pena scontata prima nel carcere minorile Beccaria di Milano e poi in quello di Verziano (Brescia).

Ha scontato i mesi di “fine pena“ in una comunità di accoglienza della Fondazione Exodus nel Bresciano, seguita dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna (Uepe) al quale è stata affidata.

Pietro Maso, che il 17 aprile del 1991 all’età di 20 anni uccise i genitori assieme a tre complici per impossessarsi dell’eredità, era stato condannato a 30 anni e 2 mesi. Ne ha scontati 22, dopo aver ottenuto l’accesso al regime di semilibertà.