Milano – “Ho bisogno di aiuto, vorrei seguire un percorso di recupero, essere curato, tornare a studiare". Parole che Riccardo C., il 17enne che ha ucciso il fratellino e i genitori a Paderno Dugnano, avrebbe rivolto al suo difensore, l’avvocato Amedeo Rizza, durante l’ultimo incontro nel centro di prima accoglienza del carcere minorile Beccaria di Milano. Ha espresso la volontà di seguire una strada che passa anche attraverso la ripresa (con tempi e modi ancora da definire) del suo percorso scolastico, mentre la difesa sta lavorando alla nomina di un consulente per accertamenti psicologici e psichiatrici. Nei prossimi giorni il legale depositerà la nomina del consulente agli atti del procedimento.
Un lavoro utile per un’eventuale richiesta di perizia psichiatrica al Tribunale per i minorenni di Milano per accertare se il ragazzo fosse capace o meno di intendere e di volere al momento dei fatti. Intanto, sempre il difensore ha avanzato una richiesta al gip per i minorenni Laura Pietrasanta, che ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare, per far entrare i nonni del ragazzo per incontrarlo. Incontro che, se ci sarà l’ok, potrebbe tenersi all’inizio della prossima settimana.
Riccardo trascorre le giornate leggendo, non ha ancora avuto contatti con altri detenuti perché si trova ancora nel centro di prima accoglienza, “anticamera" per l’ingresso in carcere. "Gli ho spiegato i prossimi passi da compiere – prosegue il suo legale – mi è apparso tranquillo e consapevole di quello che lo attende. Noi cercheremo, in una prossima fase e anche sulla base di eventuali perizie, di ottenere un ingresso in una comunità". Riccardo ha incontrato più volte anche don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria, che lo ha confessato nei giorni successivi alla strage familiare.
Ieri intanto l’autopsia, disposta dalla Procura per i minorenni di Milano, avrebbe confermato la dinamica iniziale, quelle 68 coltellate, di cui 39 al piccolo Lorenzo, che hanno strappato tre vite. "Volevo cancellare tutta la mia vita di prima" per superare quel "malessere” che provava da tempo, ha spiegato il 17enne al gip durante l’interrogatorio.
Il giudice ha disposto la convalida dell’arresto per triplice omicidio e la misura cautelare nel carcere minorile Beccaria, respingendo la richiesta del legale Amedeo Rizza di trasferirlo in una comunità. "È da quest’estate che sto male, ma già negli anni scorsi mi sentivo distaccato dagli altri. Forse il debito in matematica può aver influito – ha dichiarato il 17enne –. Ogni tanto i miei genitori mi chiedevano se c’era qualcosa che non andava perché mi vedevano silenzioso, ma io dicevo che andava tutto bene". E ancora: "Percepivo gli altri come meno intelligenti e spesso non mi trovavo bene in certi ragionamenti o ritenevo che si occupassero e preoccupassero di cose inutili".
Dagli atti dell’inchiesta dei carabinieri, coordinati dalla procuratrice facente funzioni dei minori Sabrina Ditaranto e dal pm Elisa Salatino, emerge che il 17enne aveva pure pensato di andare via di casa, magari in Ucraina "per vedere la sofferenza delle persone", ma di aver rinunciato a un proposito che non gli avrebbe consentito di raggiungere il suo "scopo".
Il ragazzo ha confermato ciò che era stato ipotizzato sin dalle prime ore dai militari, e cioè che i genitori sono stati richiamati nella cameretta dei figli dalle urla di Lorenzo: "Loro sicuramente mi hanno parlato – ha aggiunto –, chiedendomi cosa fosse successo e perché avessi l’arma in mano, io però non ricordo se li ho colpiti anche in camera loro". Dopo aver ammazzato papà Fabio, mamma Daniela e Lorenzo, Riccardo si sarebbe avvicinato ai tre cadaveri e avrebbe passato la mano sugli occhi per chiuderne le palpebre, "forse per pietà". Al nonno materno – col quale Riccardo parlò la sera prima della strage delle gare di volley e della patente da prendere appena compiuti 18 anni – ha detto che l’avrebbe fatto perché voleva "lasciare i beni materiali" e "staccarsi dai genitori". E il fratellino? "Non sarei riuscito ad abbandonarlo".