Milano, 11 gennaio 2025 – Il rider Muhammad Ashfaq, vittima di un incidente stradale a Milano lo scorso 30 dicembre, aveva un account Glovo ma, secondo le informazioni chieste dai sindacati alla piattaforma spagnola del delivery, da tempo non si connetteva più. Non faceva parte, inoltre, della “flotta“ di Deliveroo, altra app che inquadra i ciclofattorini come lavoratori autonomi.
Il mistero dell’account
L’ipotesi, che circola tra gli altri rider, è quella che stesse lavorando con l’account di un’altra persona, quando è avvenuto l’incidente stradale in zona Porta Romana fatale per il 44enne, che attorno alle 20 circolava su una bici elettrica con il “cubo“ portavivande giallo di Glovo sulle spalle, all’interno la confezione di un fast food che si scorge anche nei filmati realizzati da alcuni testimoni.
Potrebbe trattarsi di uno dei rider “fantasma" sulle strade di Milano, dove esiste un sistema di scambi e condivisioni di account difficile da monitorare, che rende ancora più arduo ricostruire i reali rapporti di lavoro in un settore povero e ultraprecario.
Il nodo indennizzo
Una questione non di poco conto, perché in questo caso sarebbe impossibile, per i familiari rimasti in Pakistan o per il nipote che vive in Italia, ottenere un indennizzo da parte dell’Inail.
Non potrebbe essere considerato un infortunio mortale sul lavoro, ma un “semplice“ incidente stradale tra le vie Comelico e Cadore, al centro di accertamenti della polizia locale di Milano. E l’ipotesi delle scambio di account, se dovesse trovare conferma, dimostrerebbe ancora una volta le condizioni di lavoro critiche nel settore.
La salma di Muhammad Ashfaq si trova ancora all’istituto di medicina legale di Milano, e questa mattina verrà celebrato il funerale. Gli altri rider hanno dedicato a lui dei momenti di preghiera e una manifestazione, organizzata da Deliverance Milano, per lanciare un messaggio, mostrando una bicicletta dipinta di bianco: “Basta morti in strada e sul lavoro, basta al cottimo”.
I precedenti
Una corsa per le consegne che continua a provocare incidenti stradali a Milano. L’ultimo giovedì, quando un rider di 23 anni è stato investito in corso Lodi, poco dopo le 17. Stava pedalando per una consegna, dopo l’impatto è finito a terra ed è stato poi accompagnato all’ospedale San Carlo in codice giallo. “Un altro rider è vittima di un incidente stradale, a pochi giorni dalla tragica morte di Muhammad – spiega Andrea Bacchin, sindacalista della Nidil-Cgil di Milano –. L’unica prerogativa delle piattaforme rimane quella di non scontentare i clienti – prosegue – la sicurezza sul lavoro continua ad essere non semplicemente un problema secondario, ma una responsabilità che non sembra vogliano in alcun modo assumersi”.
Muhammad Ashfaq è il secondo ciclofattorino morto sulle strade di Milano nell’anno appena trascorso. Nel giugno scorso, il pachistano Adnan Qasim, 34 anni, fu investito e ucciso da un’auto pirata in via Camaldoli, a Ponte Lambro. Il 22enne al volante era stato infine rintracciato dalla polizia locale e denunciato per omicidio stradale e omissione di soccorso.
Poi c’è un esercito di feriti, anche con lesioni gravi e invalidità, che sfugge alle statistiche. Spesso restano senza indennizzi perdendo anche la possibilità di lavorare. “Abbiamo seguito alcuni rider che pur essendo stati coinvolti in gravi incidenti non avevano alcuna copertura – prosegue Bacchin – e attraverso il patronato siamo riusciti a far ottenere loro l’indennizzo da parte dell’Inail, che spetta per diritto”.