Meno schiavi, più cittadini. Per i rider, l’indagine aperta a febbraio dalla Procura sulle loro condizioni di lavoro si chiude con risultati concreti: una serie di impegni sul fronte della sicurezza, della prevenzione infortuni e della formazione, assunti dai big del food delivery che fino a qualche tempo fa si disinteressavano di loro considerandoli né più né meno che lavoratori autonomi a tre euro a consegna.
L’inchiesta aveva portato però a condannare le società per il mancato rispetto delle norme di salute e sicurezza dei ciclofattorini, e ora le multinazionali Glovo, Uber Eats, Deliveroo e Just Eat spenderanno una cifra pari a circa 10 milioni per fornire dispositivi di protezione, garantire una visita medica e un corso di formazione – in qualche caso caso anche i mezzi per le consegne – a quasi 20mila rider.
Certo, assumendosi questi impegni i giganti del food hanno evitato di dover versare sanzioni astronomiche per le passate vergogne (700 milioni di euro era stato il preventivo degli inquirenti) dovendo sborsarne alla fine solo 90 mila. E non dovranno neppure assumere come dipendenti i 60 mila rider di cui parlò incautamente, in una conferenza stampa, l’allora procuratore Francesco Greco. I contratti di lavoro non possono essere imposti a un’azienda da una procura, semmai dai tribunali. E fra l’altro i rider considerati nell’inchiesta si sono ridotti nel frattempo da 60 a 20 mila, data la volatilità della mansione. Però non c’è dubbio che la qualità della vita dei ciclofattorini farà un bel passo avanti verso condizioni più dignitose.
"L’esito positivo della procedura per tutti i soggetti coinvolti ha portato al raggiungimento di un obiettivo di estrema rilevanza, permettendo di ottenere un risultato che solo fino a pochi mesi fa sembrava impossibile e che non era affatto scontato e non avrebbe mai potuto essere raggiunto attraverso un processo ordinario"", scrivono in un comunicato i carabinieri che di concerto con la Procura hanno lavorato all’indagine.
Sotto il profilo della normativa che tutela la salute e sicurezza, ora le società del food assicurano ai rider il controllo medico del loro stato di salute per poter svolgere l’attività: senza visita medica, niente consegne. E sono stati resi obbligatori i corsi di formazione sulla sicurezza che dovranno essere svolti dai ciclofattorini per poter proseguire la collaborazione. Arricchiti poi, per incrementare la consapevolezza, i documenti informativi sulla specifica attività dei rider e i rischi connessi. Infine, le big-piattaforme metteranno a disposizione dei rider vari dispositivi, quelli sanitari come le mascherine, ma anche indumenti ad alta visibilità e per la protezione dagli agenti atmosferici, compreso il casco per chi va in bici.
Saranno vietate le consegne con monopattini e bici elettriche e alla polizia locale sarà richiesta la verifica del rispetto del codice della strada da parte dei fattorini. Spiega la Procura: "Se da un lato il datore di lavoro deve consegnare ai rider i dispositivi di sicurezza, dall’altro lato i fattorini sono poi obbligati ad usarli. Parallelamente, se il datore di lavoro è tenuto a fare formazione anche sulle regole del codice della strada, spetta poi al singolo rider, una volta che è stato correttamente formato, rispettarle evitando di passare con il rosso, fare lo slalom tra i pedoni sul marciapiede e usare tutti quei veicoli che il codice vieta, come le biciclette elettriche con acceleratore, in grado di circolare senza pedalare".
Mario Consani