di Andrea Gianni
Si apre un nuovo fronte giudiziario sul mondo dei rider, dopo l’inchiesta coordinata dalla Procura di Milano e il commissariamento per caporalato di Uber Italy. Questa volta la sede è civile, con il Tribunale del Lavoro che dovrà esprimersi su dieci ricorsi pilota presentati da altrettanti ex fattorini Deliveroo, quasi tutti stranieri, “sloggati“, cioè disconnessi dalla piattaforma che gestisce le consegne e privati da un giorno all’altro del lavoro. Si tratterebbe delle prime cause a Milano, portate avanti dagli avvocati Antonio Pironti, Massimo Laratro e Domenico Vitale, dello studio legale che segue le vertenze del collettivo di rider Deliverance Milano, dopo la sentenza della Cassazione sul “caso Foodora“. Per la Suprema Corte, ai ciclofattorini delle consegne a domicilio vanno applicate le tutele del lavoro subordinato, come previsto dal Jobs Act, nella forma “ibrida“ delle "collaborazioni organizzate dal committente". Tutele che, secondo l’avvocato Laratro, "devono riguardare anche la disconnessione del rider dalla piattaforma, che equivale a un licenziamento". Le prime udienze a Milano sono già state fissate per giugno, quando potrebbero essere ascoltati anche testimoni. Un rider che lavorava per Deliveroo, big delle consegne a domicilio regolate via app, si legge in uno dei ricorsi, è stato “sloggato“ all’improvviso lo scorso 23 gennaio, un mese prima dell’emergenza coronavirus che ha provocato un terremoto anche nel mondo del food delivery, secondo i sindacati peggiorando condizioni di lavoro già precarie. "Il ricorrente è stato estromesso dal servizio – scrivono i legali – e la società in relazione al licenziamento non ha mai sottoposto il ricorrente ad alcuna procedura disciplinare né ad altre procedure previste dall’ordinamento".
Deliveroo, inoltre, "al momento del licenziamento aveva, come ad oggi ha, un proficuo e considerevole aumento di affari e di commesse, con fatturato in attivo per milioni e milioni di euro". Il rider aveva iniziato a lavorare a tempo pieno per la piattaforma nel dicembre 2018, con un contratto di lavoro autonomo, macinando chilometri sulle strade di Milano sette giorni su sette, per un totale di 42 ore alla settimana, guadagnando ogni mese 1.617 euro lordi. Il tempo di consegna "non doveva mai essere superiore ai 45 minuti" e "nel caso di mancato rispetto del tempo di consegna, la società, a mezzo della piattaforma “Frank”, provvedeva ad abbassare il rating, ovvero il punteggio individuale di ciascun rider, tra cui il ricorrente". Orari, organizzazione del lavoro, stipendio, un "rigido, rigoroso ed invasivo controllo datoriale" che secondo i legali indicano un lavoro autonomo fittizio. E il licenziamento deve essere dichiarato "illegittimo" perché senza giustificato motivo con effetti che, in assenza di reintegro, potrebbero farsi sentire sul portafoglio. Il rider oltre al Tfr e altre voci ha chiesto infatti a Deliveroo di versargli 58.218 euro lordi, cioè "l’indennità massima di 36 mensilità" dopo essere stato "licenziato senza alcun fondamento e privato dall’oggi al domani della sua unica fonte di reddito".