
di Nicola Palma
L’attenzione sempre più concentrata sull’infiltrazione nell’economia legale e sul riciclaggio dei capitali accumulati con le attività criminali “tradizionali”. Il ruolo di "preminenza" della ’ndrangheta, non certo una novità a queste latitudini, rispetto a mafia e camorra. E un focus particolare sulle aziende maggiormente a rischio "di pressioni da parte della criminalità organizzata". È la fotografia scattata dalla Direzione investigativa antimafia sulla situazione tra Milano e hinterland, in particolare nel secondo semestre del 2020.
Nel capitolo dedicato al capoluogo meneghino e al resto del territorio della Città metropolitana, gli esperti della Dia annotano che gli esponenti delle 9 locali di ’ndrangheta (Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano-Lanote Pozzolo), che fanno capo alla "Lombardia", si occupano sia della "gestione dei tradizionali settori illeciti" (soprattutto droga) sia degli investimenti per ripulire i soldi sporchi in attività lecite: "In una prospettiva di trasformazione ed evoluzione dell’attività criminale, in senso tradizionale, verso la gestione e il reimpiego degli ingenti proventi derivanti prevalentemente dal traffico internazionale di stupefacenti – il resoconto del questore Giuseppe Petronzi – la ’ndrangheta si è proiettata verso forme di organizzazione imprenditoriali, cosiddetta “impresa a partecipazione criminale”, sviluppando una strategia di penetrazione in svariati settori economico-finanziari (dalle attività connesse all’edilizia al settore immobiliare, dai giochi on line al cosiddetto gambling, dalle sale di raccolta giochi e scommesse sportive alle forniture di prodotti alimentari, dal settore della logistica al settore della gestione integrata dei rifiuti), differenziando e “spalmando” il rischio d’impresa, esprimendo una sempre maggiore flessibilità e interesse verso qualsiasi ramo economico che presenti “opportunità” redditizie". Per questo, la strategia del prefetto Renato Saccone, "è stata innalzata ulteriormente la soglia di attenzione per intercettare tempestivamente i movimenti della criminalità organizzata per infiltrare in modo ancor più massiccio l’economia legale dell’area metropolitana, approfittando delle condizioni di ristrettezza economica in cui si sono venuti a trovare molti imprenditori" causa Covid.
L’obiettivo dichiarato: individuare, "assieme alle forze di polizia, i settori più esposti al rischio di subire tentativi di usura o di infiltrazione e gli indicatori soggettivi e oggettivi per indirizzare gli accertamenti". I riflettori si sono accesi soprattutto sugli esercizi commerciali: Palazzo Diotti e Comune, si legge nel report della Dia, hanno realizzato "un ampio screening sulle imprese operanti nel settore della ristorazione e vendita di alimenti, avviate o interessate da un cambio di gestione nel periodo tra il 1° febbraio e il 30 settembre 2020". Risultato? Le verifiche "effettuate sulla base dell’età dei soggetti a vario titolo preposti alla gestione hanno fatto emergere diverse situazione “grigie”, per le quali è in corso un approfondimento congiunto in vista della possibile adozione di provvedimenti interdittivi antimafia". A proposito di ristorazione, il monitoraggio delle società esistenti e l’analisi delle ditte di nuova costituzione e dei subentri "avvenuti dopo la prima fase dell’emergenza pandemica" hanno evidenziato che "7 società interdette dalle Prefetture di Milano, Como, Lecco e Varese" hanno ottenuto i finanziamenti garantiti dallo Stato (Sace e Mediocredito Centrale) introdotti con i decreti Liquidità e Rilancio. In totale, sono stati 32 i provvedimenti delle Prefetture lombarde nella seconda metà dello scorso anno: di questi, la gran parte (23, pari al 71% del totale) ha colpito imprese in qualche modo legate alla ’ndrangheta; i restanti 9 hanno riguardato aziende legate alla mafia (2), alla camorra (2) e proprietari "non contigui a contesti mafiosi ma destinatari di condanne definitive per reati ostativi" come concussione o estorsione.
Ultima nota per i beni confiscati, "altro significativo indicatore della pressione criminale sul territorio": secondo gli ultimi dati dell’Agenzia governativa, la Lombardia è al quarto posto come numero di immobili (3.203), dietro Sicilia, Campania e Calabria, e al quinto come numero di aziende (374).