Moroni
Anche la scorsa settimana (quella dal 4 novembre, ndr) non ci sono state eccezioni alla regola dei ritardi, con giornate in cui il disservizio ha raggiunto livelli estremi. Il punto culminante è stato il giorno dello sciopero, che avrebbe dovuto concludersi alle 17. In realtà, le conseguenze si sono fatte sentire proprio a partire da quell’ora, quando la maggior parte dei pendolari cerca di tornare a casa. Nel mio caso, l’unico treno disponibile non si fermava a Parabiago, dove avevo lasciato l’auto. Sono stato costretto a prendere un treno diretto per Legnano e farmi venire a prendere per poi tornare a Parabiago a recuperare l’auto. Questa esperienza, condivisa con decine di altri passeggeri, mi ha lasciato molte domande: in queste circostanze perché non prevedere una fermata straordinaria? Perché non offrire la possibilità di scendere in fermate intermedie, come Parabiago o Canegrate? Questi disservizi non si limitano a farci perdere qualche minuto: incidono profondamente sulla nostra vita quotidiana. Al mattino, l’incertezza di trovare un treno puntuale ci obbliga a prendere corse ben precedenti rispetto a quelle necessarie. La sera affrontiamo un’incognita continua su quando riusciremo a rientrare a casa, compromettendo appuntamenti importanti, da quelli medici a quelli più semplici come il parrucchiere, o ancora impegni con i figli. Quindici minuti di ritardo possono scatenare una serie di conseguenze su cui non abbiamo alcun controllo, lasciandoci con un senso di impotenza nei confronti di un servizio sempre meno adeguato.
Luca Ceriotti,
Busto Garolfo (Milano)
Ritardi, ritardi, ritardi. Frammenti di vita sottratti e mai restituiti. E senza indennità.
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