
Un campo nomadi di Milano
Milano, 20 giugno 2015 - Adescavano le loro vittime nei centri commerciali. Promettevano televisori al plasma, computer ed elettrodomestici a prezzi scontatissimi. Le portavano nel campo nomadi comunale di via Chiesa Rossa e le derubavano e rapinavano in un finto negozio allestito nell’insediamento. Risultato: 15 esponenti delle famiglie rom Deragna, Hudorovic e Braidic sono stati stati arrestati per concorso in rapine, furti e truffe. Era il giugno del 2009.
Un «tesoretto » da due milioni di euro gli è stato sequestrato dai carabinieri. Nel novembre del 2009 il Comune, tramite il Comitato di gestione del campo nomadi, ha deciso di espellerli dall’insediamento per mancanza dei requisiti previsti nell’apposito regolamento e di abbattere le casette in cui vivevano in via Chiesa Rossa. In totale l’ordine di allontamento riguardava 15 persone. La prima nell’elenco era Moris Deragna, condannato a 4 anni e mezzo, figlio del capoclan Giuseppe Deragna. Ora, però, si scopre che i 15 espulsi dal campo di via Chiesa Rossa hanno fatto ricorso al Tribunale civile, contestano l’allontanamento dall’insediamento, chiedono il loro reinserimento e pretendono dal Comune 150 mila euro (10 mila euro a testa) come risarcimento danni. Sarebbe una beffa per Palazzo Marino.
Già, ma risarcimento danni per cosa? I rom contestano il fatto che il Comitato di gestione che ha deciso il loro allontanamento dal campo nomadi era illegale perché il regolamento emanato nel 2009 dal Commissario per l’emergenza nomadi in Lombardia non poteva essere più ritenuto in vigore dopo che il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 21 maggio 2008 che ha designato il Commissario per l’emergenza nomadi in Lombardia è stato dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato nel 2011 e dalla Cassazione nel 2013. Una intricata vicenda giuridica a cui i rom si attaccano per chiedere il rientro nel campo di via Chiesa Rossa e il risarcimento danni. L’avvocatura del Comune, con una delibera dello scorso 11 giugno, ha deciso di costituirsi in Tribunale e nei successivi gradi di giudizio per contestare la richiesta dei nomadi. Ed evitare la beffa.