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Addio ai container per i rom: la favela di via Novara lascia posto a un parcheggio

Il campo rom di via Novara chiude dopo 13 anni, nel corso degli anni ha accolto moltissime persone. La Caritas: restiamo vicini alle famiglie in difficoltà di Enrico Fovanna

Un accampamento di nomadi (Radaelli)

Milano, 2 agosto 2014 - Chiude dopo 15 anni il campo rom di via Novara 523, che ospitava famiglie kosovare e macedoni arrivate in Italia negli anni ’90, dopo essere fuggite dalla guerra in corso nei Balcani. La decisione è stata presa dal Comune perché sull’area sorgerà un grande posteggio per i visitatori di Expo 2015, che sarà disponibile già entro fine anno. L’area è stata subito consegnata ad Atm, cui la Giunta ha già affidato i lavori per la realizzazione del parcheggio, che nelle aree adiacenti il campo nomadi erano iniziati lo scorso 23 giugno. 

Ma dopo 15 anni di assistenza ininterrotta, la Caritas Ambrosiana promette di non interrompere il sostegno volontario ai nuclei familiari. «È la conclusione di un’esperienza umana e professionale impostante - spiegano alla Caritas - I nostri operatori però continueranno a stare vicino alle famiglie che sono ancora in cerca di una soluzione». 

Il campo, uno dei primi regolamentati e attrezzati, era stato allestito nel 2001, dopo le prime grandi migrazioni post-belliche, anche per dare uno sfogo a quella che allora era diventata l’immensa baraccopoli di via Triboniano, vicino al Cimitero Maggiore, arrivata a contenere anche duemila persone, in condizioni di degrado molto elevate. Dal 2001 al 2011 la Caritas aveva coordinato la gestione del campo in modo ufficiale, prima con una convenzione con Palazzo Marino, poi insieme al Consorzio Farsi Prossimo e alla Coop Intrecci; negli ultimi tre anni ha proseguito la propria presenza in modo volontario, per continuare a garantire un sostegno alle famiglie rimaste, pur nell’incertezza sul loro destino.

Della chiusura del campo si era già iniziato a parlare nel 2010, quando aveva preso corpo la decisione di destinare l’area alla realizzazione di posti auto, in vista della rassegna del 2015. Negli ultimi anni, tra l’altro, il campo era andato incontro a un processo di degrado che ha reso sempre più difficoltosa e insalubre la vita dei suoi abitanti. Chiuderlo rientra oggi nella logica più ampia del superamento dei campi, per promuovere un’effettiva integrazione sociale. Per la Caritas, il principio della chiusura del campo è quindi condivisibile. Ciò che ha reso molto problematica l’operazione, casomai, sono stati i tempi lunghi, l’incertezza e i continui rinvii della data di chiusura.  «Dal 2010 a oggi, quando venne loro notificata per la prima volta l’intenzione della chiusura, 22 famiglie di via Novara sono state accompagnate a un percorso di inserimento abitativo, in autonomia e attraverso alloggi “ponte”. Non una semplice collocazione in appartamento, però, ma un percorso verso un’effettiva autonomia, che ha dovuto tenere conto anche dell’inserimento lavorativo. Un percorso in molti casi lungo e per alcune famiglie non è ancora terminato. Al momento della chiusura, si trovavano al campo ancora 12 famiglie, alle quali il Comune ha offerto una collocazione temporanea nei proprio centri di accoglienza.  

«In questi quindici anni - raccontano i volontari Caritas - abbiamo visto i bambini crescere, diventare adolescenti e adulti, e avere a loro volta una propria famiglia. Per loro la chiusura del campo significa la fine di una fase della loro vita in Italia; per noi l’epilogo la fase finale di una significativa esperienza professionale e umana». 

Sempre giovedì era stato sgomberato dalla Polizia locale l’edificio “T9”, tra via Rubattino e via Caduti in tempo di pace, occupato abusivamente. Alle famiglie con minori occupanti, anche in questo caso, è stata proposta l’accoglienza presso i centri di emergenza sociale, mentre la proprietà ha proceduto alla pulizia e messa in sicurezza della palazzina inutilizzata, al fine di impedirne la rioccupazione. Tutta la zona di via Rubattino è da tempo interessata a diverse azioni tese a contrastare le occupazioni abusive. Lo sgombero del T9 si aggiunge a quello dell’area Rubattino ex Cesi e a quello di via Bistolfi, angolo via Cima. Con qualche garanzia per il futuro. Grazie ai piani predisposti dall’amministrazione e realizzati dalle proprietà queste aree non sono più state occupate