Milano, 16 maggio 2023 – A distanza di tre mesi dalla sentenza con cui i giudici della settima sezione penale del Tribunale di Milano hanno assolto Silvio Berlusconi e gli altri 28 imputati (solo qualche posizione prescritta) nel processo Ruby ter, arrivano le motivazioni della sentenza. Al centro, una questione di cui si era già parlato proprio durante il processo: un vizio procedurale che riguardava le cosiddette 'Olgettine', le ragazze legate all'ex premier perché ospiti alle serate di Arcore, che erano finite sotto processo.
“Omissione di garanzia sulle testimoni”
Secondo quanto hanno scritto i giudici della settima penale, una “omissione di garanzia”, ossia il fatto che le giovani ex ospiti di Arcore dovessero essere già indagate, per “indizi” di corruzione presenti, all'epoca dei processi Ruby e Ruby bis e sentite come testi assistite da avvocati con possibilità di non rispondere, ha “irrimediabilmente pregiudicato l'operatività di fattispecie di diritto penale sostanziale”, in pratica spazzando via le accuse del Ruby ter.
"Su accuse Berlusconi servivano testimoni”
“Se le imputate fossero state correttamente qualificate”, ossia indagate più di dieci anni fa e sentite come testi assistite, “si sarebbe potuto discutere della configurabilità dell'art. 377bis del codice penale”, l'induzione a non rendere dichiarazioni, “nei confronti del solo Berlusconi” in relazione alle ragazze “che avessero scelto il silenzio”. E si poteva “discutere” della corruzione in atti giudiziari “con riferimento a quelle che invece avessero consapevolmente deciso di rendere dichiarazioni sulla responsabilità altrui”.
“Indizi di corruzione prima delle testimonianze”
Le 21 ragazze ex ospiti delle serate hard di Arcore, Ruby compresa, finite imputate nel Ruby ter, per i giudici, andavano, infatti, già indagate all'epoca, quando furono ascoltate nei processi Ruby e Ruby bis, perché su di loro c'erano già "indizi” su presunti versamenti corruttivi da parte dell'ex premier. Vennero, invece, sentite non “legittimamente” come testi semplici, non assistite da avvocati e senza la facoltà di non rispondere. E dato che “andavano correttamente qualificate come indagate di reato connesso e non testimoni”, secondo i giudici, non solo non si configurano le false testimonianze, ma “neppure il reato di corruzione in atti giudiziari” collegato, perché non ci sono più i testi pubblici ufficiali “corrotti”. Di conseguenza nemmeno “l'ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi”.
Procura di Milano prepara il ricorso
I pm di Milano, dopo aver letto con attenzione le motivazioni della sentenza sul caso Ruby ter, depositate stamani, valuteranno di ricorrere in appello contro le assoluzioni decise dalla settima penale per Silvio Berlusconi e gli altri imputati. In passato due diversi giudici (gup) di Milano in due filoni di udienza preliminare sul caso Ruby ter, tra il 2016 e il 2017, erano arrivati a conclusioni nettamente diverse sulla questione dei testi, che ha portato il Tribunale a metà febbraio ad assolvere tutti. Sulle giovani ex ospiti delle serate di Arcore, quando tra il 2012 e il 2013 testimoniavano nei due processi sul caso Ruby, c'erano solo "sospetti” su una presunta corruzione, a detta di quei due giudici. “Meri sospetti” che “non comportavano la necessità” della loro iscrizione nel registro degli indagati. E furono “correttamente escusse come testimoni”, tanto che “loro dichiarazioni appaiono pienamente utilizzabili”. L'aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio, dopo aver analizzato le motivazioni del verdetto, avranno 45 giorni di tempo da oggi per depositare il loro ricorso in appello. Già nel processo avevano chiesto che i giudici revocassero quell'ordinanza del 2021 che aveva reso le testimonianze delle ragazze “inutilizzabili”.