Roberto
Recalcati*
Da qualche anno si è aperto un dibattito che in realtà non avrebbe mai dovuto aprirsi: l’ipotesi, ormai molto probabile, della demolizione dello stadio Meazza a San Siro. Come al solito la disputa si presenta sotto le sembianze di una opposizione tra innovatori progressisti che guardano al futuro con pragmatismo da una parte, e nostalgici conservatori, timorosi del nuovo dall’altra. Ma le cose stanno veramente così? Se si allarga lo sguardo perdono d’importanza le ragioni delle due squadre cittadine, che vorrebbero un nuovo stadio a misura delle loro esigenze economiche, se per loro l’intera cittadinanza deve perdere un bene culturale pubblico che rappresenta un emblema della complessità storica della Milano moderna. Una costruzione che dalle sue origini nel 1926 ha subito ampie trasformazioni che l’hanno adattata alle nuove successive esigenze mantenendo però tutte le quattro principali fasi costruttive precedenti, quella del 193739, del 1955 e del 1990. Un esempio di stratificazione architettonica che ne fa un caso unico al mondo tra gli impianti sportivi. Sulla vicenda aleggia la curiosa controversia tra diverse sezioni della Soprintendenza: La soprintendente ai Beni Culturali di Milano Antonella Ranaldi aveva già risposto nel 2019 al Sindaco Sala indicando un indiscusso valore dello stadio, in particolare della trasformazione degli anni Cinquanta; posizione contraddetta l’anno seguente dalla Commissione regionale per il Patrimonio Culturale della Lombardia che nega l’applicazione di un vincolo di tutela ritenendo che lo stadio non abbia alcun valore culturale e architettonico perché si tratterebbe di un manufatto dove le parti originarie e il primo ampliamento risulterebbero “residuali” rispetto all’intera struttura. Visto che lo stadio ospiterà l’inaugurazione delle Olimpiadi Invernali del 2026 c’è da sperare che la sezione regionale della Soprintendenza riveda il proprio verdetto in coerenza con la propria idea perché a quella data anche il “secondo anello” avrà raggiunto e superato il limite di età (70 anni) e la parte “tutelabile” non potrà più essere considerata “residuale” rispetto l’intero edificio. Perché allora non pensare di aggiungere un nuovo capitolo, una nuova sovrascrittura compatibile al palinsesto?* Architetto