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San Camillo, scattano i licenziamenti. Cura “veneta“ per coprire le perdite

La struttura fondata nel 1928 è entrata a far parte del Centro di Medicina guidato dall’ex calciatore Papes. La protesta di 17 storici operatori tagliati: "Ci hanno offerto una buonuscita di 2500 euro, un’elemosina". .

San Camillo, scattano i licenziamenti. Cura “veneta“ per coprire le perdite

di Andrea Gianni

MILANO

L’offerta di una buonuscita di circa 2500 euro è stata giudicata come "un’elemosina" da persone che hanno alle spalle una vita professionale nel settore della sanità. Diversi di loro hanno un’età che rende arduo ricollocarsi in altre strutture, pur con il traguardo della pensione ancora lontano. La scure dei licenziamenti è caduta su 17 dipendenti, con diversi profili, della Casa di Cura San Camillo di Milano in via Macchi, a pochi passi dalla stazione Centrale. Un poliambulatorio che affonda le radici nel lontano 1928, con le prime attività, fino all’inaugurazione ufficiale quando correva l’anno 1946, in pieno dopoguerra. Dallo scorso aprile la struttura, che prima faceva capo alla Fondazione Opera San Camillo, attraverso una cessione di ramo d’azienda alla società Cdm Health Care è entrata a far parte del gruppo veneto Centro di Medicina guidato dall’amministratore delegato Vincenzo Papes, ex calciatore professionista che ha creato un colosso della sanità privata con "45 sedi alle quali si rivolgono 1,5 milioni di pazienti ogni anno". L’espansione è arrivata anche a Milano, ma nel risiko della sanità restano sul campo 17 posti di lavoro, nel silenzio delle istituzioni. "La cura dimagrante è stata giustificata dall’azienda con la necessità di risparmiare sul costo del lavoro per tamponare le perdite della San Camillo", spiega Maurizio Amati, sindacalista della Cgil che sta seguendo la vertenza. "Ci è stato comunicato il licenziamento collettivo di 17 dipendenti su 96 – prosegue – e la fase delle trattative si è conclusa con un mancato accordo. L’offerta messa sul tavolo dall’azienda, tra cui una buonuscita di 2500 euro per alcune figure, è stata giudicata irricevibile dai lavoratori".

Potrebbe profilarsi quindi un ricorso davanti al Tribunale del Lavoro, dagli esiti incerti. I tagli cadono su fisioterapisti, infermieri, ausiliari e addetti alla portineria. Sono figure professionali, dagli stipendi non certo stellari, che in linea teorica potrebbero trovare nuove opportunità in un settore all’affannosa ricerca di personale. Il problema per molti di loro è l’età, attorno ai 60 anni, che li rende difficilmente ricollocabili, mentre la pensione è ancora lontana.