ALESSANDRA ZANARDI
Cronaca

"San Giuliano era povera, ma più unita"

L’amarcord degli anziani nel libro “Nonno, ricordi?“, che racconta la città negli anni Quaranta e Cinquanta

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di Alessandra Zanardi

"La San Giuliano di una volta? Povera, ma più coesa. Ci si divertiva con poco, in giro per i campi". A fare da spunto al libro “Nonno, ricordi?“, un volume di prossima pubblicazione ad opera di Stefano Sportelli, esperto di storia locale, sono gli aneddoti e i ricordi degli anziani.

Una carrellata di memorie che fanno rivivere la San Giuliano degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta, con ettari di campagne punteggiate di cascine, i mestieri di una volta e le prime urbanizzazioni che hanno fatto cambiare il volto alla città.

Così le immagini di un tempo si rincorrono nella mente dei meno giovani e, tra coloro che si ritrovano al Circulin di via Turati, sotto la regia del presidente Sebastiano Salvatore, la voglia di raccontare non manca. "Eravamo quattro fratelli, lavorava solo mio padre. La fame era tanta. Nel tempo libero, in primavera, si andava a caccia di rane nelle rogge. Un modo per divertirsi, ma anche per mettere qualcosa sotto i denti", ricorda Gianpiero Beghi, 78 anni.

"Nella bella stagione ci si lavava al fosso, dietro la chiesa. Rigorosamente una volta alla settimana. La mamma ci dava un pezzetto di sapone e quello doveva bastare – aggiunge Pietro Maestri, 78 anni –. Nel tempo libero si giocava al tirasassi, oppure con l’arco e le frecce. La nostra merenda? Limone e liquerizia, la si comprava in bottega per 10 lire. "Quando c’era la neve si andava con lo slittino. Lo si costruiva col legno, in maniera artigianale. Ora è tutto diverso", fa eco Giuseppe Conca, 74 anni. Tra gli uomini, alcuni erano mungitori, mentre tra le donne non mancavano le mondine. Del resto, il territorio aveva ancora una forte tradizione contadina, come conferma Erminio Torti, classe 1934, che abitava a Cascina Selmo, un ex sito agricolo ora riconvertito a zona residenziale. "Le scuole erano in via Trieste e ci si arriva a piedi, oltrepassando la via Emilia e la ferrovia. Pochi i negozi, una farmacia, un bar e una drogheria. C’era persino una bottega che vendeva la polenta".

C’era anche il lattaio che girava col carrettino, raccontano. In tutta la città esisteva un solo apparecchio telefonico, "al bar", e un’unica televisione, "nella sede della cooperativa". Anche il medico era uno solo e faceva le visite a domicilio. La povertà era tangibile, molte famiglie faticavano ad arrivare alla fine del mese, "eppure era meglio allora – è il parere di Gaetana Pasquini, 80 anni, col marito Emilio Paladini –. Eravamo più affiatati, solidali. Ora c’è più indifferenza".