PIERO LOTITO
Cronaca

A San Sepolcro, ombelico di Milano una palma di rame e Leonardo

Provate a cercare sul vostro smartphone la chiesa di San Sepolcro: vi sarà indicato il cuore della Cerchia dei Navigli

La statua in terracotta policroma raffigurante Carlo Borromeo in adorazione

Milano, 23 aprile 2017 - Provate a cercare sul vostro smartphone la chiesa di San Sepolcro: vi sarà indicato il cuore della Cerchia dei Navigli e poi della Cerchia dei Bastioni e infine della Circonvallazione esterna. Sarà insomma come aver disegnato un circolo con un compasso: il buchino lasciato nella carta, siatene certi, rappresenta la chiesa di San Sepolcro. Dovette fare qualcosa di simile anche Leonardo da Vinci, quando schizzò una veduta della città “a volo d’uccello” e vi annotò che San Sepolcro, edificata sull’area del Foro romano, era il «vero mezzo di Milano». Quella mappa è uno dei fogli del Codice Atlantico conservato alla Biblioteca Ambrosiana, del cui complesso la chiesa è parte integrante. Fu tanto colpito, Leonardo, dall’armonia di quell’architettura, che volle anche tracciarvi la pianta «di sopra» e quella «socto tera», i cui originali, sottratti da Napoleone, si trovano invece oggi a Parigi.

Cercata dai turisti e pressoché ignorata dai milanesi, la chiesa di San Sepolcro riassume un millennio di storia e intreccia motivi culturali e religiosi di straordinaria importanza. La sua costruzione, nel 1030, fu un atto di prodigalità del monetiere Benedetto Rozone. Nel 1100, per celebrare il vittorioso ritorno dei cavalieri milanesi dalla prima Crociata, un suo discendente ampliò la chiesa sugli attuali due piani “a imitazione” del Santo Sepolcro di Gerusalemme e appunto la intitolò San Sepolcro. Oggetto nei secoli di numerosi rifacimenti, che qui non possiamo ripercorrere, fu acquistata nel 1928 dalla stessa Ambrosiana, eretta nel 1607 dal cardinal Federico Borromeo sui terreni adiacenti. Dopo importanti lavori di ristrutturazione, la chiesa fu riaperta nel 2009. Anche la cripta, dopo oltre mezzo secolo di inspiegabile chiusura, ridotta com’era a poco più d’un magazzino, è stata aperta al pubblico nel 2016, con l’impegno di un completo restauro al raggiungimento dei fondi necessari.

Proprio su questa parte della chiesa ci soffermeremo, perché qui si addensano le emozioni e i significati più forti. In un contesto speculare con la chiesa soprastante, si cammina sulle lastre di pietra di Verona provenienti dal Foro della Milano imperiale, tra ambienti elegantemente spartiti da sottili colonne, anch’esse materiale romano di recupero. Protetto da una grata, al centro del tutto è situata una copia del sepolcro di Cristo, opera di un maestro campionese del primo Trecento, che conterrebbe terra dei luoghi santi e alcune reliquie. Accanto al sarcofago, una statua in terracotta policroma di san Carlo Borromeo in preghiera. Grande era la venerazione del santo per questa chiesa, ritenuta «ombelico di Milano» e inimitabile palestra di spiritualità. Ogni mercoledì e venerdì pomeriggio, egli scendeva nella cripta e vi si fermava per lunghe ore di meditazione sulla Passione di Cristo. Vi si calava attraverso la scaletta in pietra che anche Leonardo doveva aver più volte percorso nei suoi sopralluoghi.

Un muro che ne sigillava lo sbocco in cripta è stato di recente opportunamente rimosso, e, oggi, osservare quei gradini alla luce fioca del primo ambiente, è come assistere di nascosto a un prodigio. Proprio a ridosso della scala, si erge una palma monumentale. Una palma? La mente va alle fresche polemiche per il palmeto in piazza del Duomo. Sì, una grande palma di rame, voluta da Federico Borromeo per la sua Ambrosiana come simbolo di sapienza. Progettata dal prediletto architetto Fabio Mangoni insieme con lo scultore Gian Andrea Biffi e realizzata nel 1618 dal maestro Gerolamo Oliveri, la palma aveva in realtà funzione di fontana: un ingegnoso meccanismo attingeva acqua da una vasca sottostante, la spingeva verso le foglie, e qui, attraverso tanti fori, lasciava che incessantemente stillasse (come sapienza).

Custode amorevole del complesso di San Sepolcro è Giuseppe Fringuelli, che tutto sa del prezioso luogo. Indica la tomba murata di Cornelia Lampugnani, informa sulle sepolture degli Oblati e di molte importanti famiglie milanesi, ricorda che il gruppo in terracotta della Deposizione, attribuito alla scuola di Agostino de’ Fondutis, è attualmente in restauro, segnala gli affreschi (anch’essi da restaurare), tra cui l’opera trecentesca che raffigura Cristo in trionfo con accanto forse Elena, madre di Costantino, e Maria Maddalema, velata dai lunghi capelli. E anche al culto della Maddalena, prima testimone del sepolcro vuoto di Cristo, è legato l’intero sito, oggi affidato alle cure dei dottori dell’Ambrosiana: in gran parte misterioso com’era, quasi ancora da rinvenire. In una piazza incredibilmente soffocata dalle auto.