DAVIDE FALCO
Cronaca

La storia di Sara, salvata dal linfoma grazie a un donatore: “Ci si sente soli nella malattia. Senza di lui sarei già morta”

La donna porta in giro il suo format “ATuttaVita“ per sostenere la ricerca. “Ho dovuto subire tre linee diverse di chemioterapia con svariati cicli. Purtroppo il mio cancro era chemioresistente”

Sara Calzavacca, 41 anni tra pochi giorni, è sopravvissuta a un cancro

Sara Calzavacca, 41 anni tra pochi giorni, è sopravvissuta a un cancro

Bollate (Milano), 26 agosto 2024 – ​​La forza di Sara, l’infinito grazie al donatore anonimo e la sua seconda vita. L’incubo è cominciato per Sara Calzavacca, 41 anni tra pochi giorni, nel 2018, quando i medici le avevano trovato un linfonodo. Da lì sono successe tante cose, fino ad arrivare al lieto fine, imprevisto e meraviglioso, con un trapianto del midollo osseo. Ora Sara è serena e dopo il primo libro “Il vizio dell’infelicità, storia del linfoma che provò a farmi fuori“, ha scritto il suo nuovo libro “Altrettanti giorni più uno“.

“Il 26 ottobre del 2018 – racconta oggi – mi hanno diagnosticato un linfoma di Hodgkin ad uno stadio avanzato. Da lì ho avuto tre linee diverse di chemio, con svariati cicli per ogni linea. Purtroppo il mio cancro era chemio resistente e quindi i medici hanno provato diversi farmaci che, però, non hanno funzionato. Grazie alla ricerca, devo proprio dirlo, ho provato questa una cura innovativa e ha iniziato a funzionare. Con il mio linfoma, che non rispondeva alle cure, se fosse successo anche solo otto anni fa, probabilmente sarei già morta. Con una combinazione di altri farmaci si sono visti i risultati, piano piano e sono entrata in Humanitas dove ho continuato quella cura specifica. Una cura non risolutiva, che mi avrebbe portato al trapianto di midollo osseo da donatore sconosciuto, e il destino ha voluto che ne abbiano trovato uno compatibile con me al 100 per cento”, racconta Sara Calzavacca.

C’era una possibilità su 100 mila di trovare una persona geneticamente compatibile con noi, fuori dal nostro nucleo familiare, in tutto il mondo. Per fortuna quello di Sara era iscritto al registro donatori. Era il 6 ottobre 2020 e per la bollatese, quella data rappresenta il suo nuovo compleanno, il giorno del suo trapianto.

Per lei quella attuale è una seconda vita, una seconda opportunità e con la consapevolezza di tutto quello che le è successo, ora guarda avanti. È diventata “life coach“ e si è iscritta al corso universitario di Psicologia. Porta in giro il suo format “A TuttaVita“ che concilia sensibilizzazione e divulgazione sul tema della vita dopo la diagnosi oncologica, prevenzione, supporto sociale sia dei pazienti che dei care giver, a favore della onlus Attivecomeprima.

"Ci si sente tremendamente soli”

“Ci si sente soli quando si ha un cancro. Sono stata fortunata ad avere un donatore e anche se non ci conosciamo, ci siamo scambiati delle lettere attraverso i rispettivi ospedali”, continua Sara.La bollatese ha scritto in particolare una poesia in cui ringrazia il suo donatore per essere tornata di nuovo a parlare di amore con i verbi al futuro e concludendo che, seppur non conoscendola, le abbia donato la vita. Dall’altra parte il donatore le ha risposto che lui doveva “un favore alla vita”. Sua figlia piccola, infatti, è stata miracolosamente salvata da una leucemia acuta, e la possibilità di donare il midollo osseo e salvare la vita di un’altra persona, è stato per lui uno “sdebitarsi nei confronti dell’esistenza”.

Nella lettera per Sara, il donatore conclude così: “Non abbiamo un volto, non abbiamo un nome, ma alla fine cosa importa, abbiamo la felicità”. Parole che valgono per tutti, anche per chi non ha dovuto attraversare il lungo tunnel senza luci di una malattia.