MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Milano, via Sarpi dopo il Covid: via i grossisti, largo ai servizi

Nella Chinatown che riparte meno magazzini e più street food, estetica e consulenze. La comunità cinese: "Siamo quasi tutti vaccinati"

Via Paolo Sarpi

Milano - C’è chi cammina di fretta e chi cerca un posto per mangiare. Chi guarda le vetrine e chi si siede sulle panchine di legno, tra il brusìo dei passanti e il tintinnio delle posate ininterrotto nei dehor. Si respira vita a Chinatown. "Siamo stati i primi a chiudere e saremo gli ultimi a riaprire", predisse Francesco Wu, consigliere di Confcommercio e presidente onorario dell’Uniic, Unione imprenditori Italia-Cina nonché gestore del locale Ramenamano a maggio del 2020: quando il resto della città risollevava le serrande dopo il primo lockdown, mentre in via Paolo Sarpi e dintorni la quotidianità si riaffacciava con il freno a mano tirato. Una previsione che si è avverata. Adesso l’aria di ripresa dopo la cautela estrema è evidente, con i negozi attivi e il passaggio di persone a tutte le ore, anche se la pandemia ha portato dei cambiamenti: "Molti negozi di prodotti all’ingrosso hanno chiuso o si sono trasferiti e al loro posto sono comparse attività di food o street food, assecondando quella che io credo sia la naturale vocazione della zona di via Paolo Sarpi adesso", sottolinea Wu.

Nella comunità cinese, evidenzia, "non abbiamo gruppi contrari al vaccino o al green pass. Quasi tutti sono vaccinati". La pandemia ha inciso però anche nel settore dell’imprenditoria cinese, che è in calo confrontando il numero delle imprese individuali esistenti in città nel secondo semestre del 2019 (3.819), quindi prima del Covid, con quello delle attività nell’anno successivo (3.780) e infine con il dato di quest’anno (fino a giugno le imprese individuali erano 3.739), secondo quanto riportato nel Registro delle imprese 2021. Sono sparite 80 attività. "E altre, che avrebbero potuto aprire, non lo hanno fatto", aggiunge Wu. Ma in certi ambiti i numeri sono cresciuti. Così è stato per le attività professionali, scientifiche e tecniche: nel campo di "direzione aziendale e consulenza gestionale" le imprese sono passate da 38 a 48 nell’arco di due anni. In crescita anche le attività di servizi per la persona, come trattamenti estetici, nei quali rientra pure la manicure e la ricostruzione unghie, e parrucchieri, passate dalle 759 del 2019 alle 764 di oggi.

In via Bramante si nota subito un negozio per la cura delle unghie: "Prima della pandemia, qui c’era un commerciante all’ingrosso", fanno sapere i dipendenti. Ha preso il posto di un grossista anche la pasticceria S’Lab in via Sarpi: "Abbiamo aperto a fine giugno. Questo negozio è una costola di Parigi Dolci, in via Messina, e speriamo di poter ingranare anche qui", dice Lia Zhao, responsabile. Apprezzatissimi i toast a forma di cubo, la mille-crepe e le roll cake di derivazione giapponese. Karl Wu, ventiseienne, punta tutto sul suo "X Moo", in cui il pasto principale è un panino cotto al forno, ripieno di carne di maiale stufata, che si dice fosse il cibo prediletto dei guerrieri di terracotta: "Ho aperto a luglio del 2020. Sono in Italia da un anno e mezzo, voglio essere ottimista".

Adesso "sicuramente c’è più vita rispetto al periodo Covid ma ancora non siamo alla normalità", conclude Giada Chen, venticinquenne nata in Italia, che da bambina ha frequentato le elementari in Cina per poi trasferirsi definitivamente a Milano. Risponde dal bancone di Sushi fun-authentic poke. "Siamo aperti da 3 anni. La differenza, rispetto al periodo pre Covid, si sente. Ma vedere i tavolini fuori, la gente cha passeggia, la voglia di socialità, fa ben sperare".