La "pazienza" della famiglia Cabassi si esaurisce nel 1999, quando torna a chiedere lo sgombero dell'immobile. Seguono anni in cui lo sfratto del centro sociale viene a più riprese annunciato ma mai, di fatto, attuato. Si mettono in campo tentativi di mediazione sotto l'egida di Palazzo Marino. Fra le ipotesi c'è anche quella di una "cordata di garanti" tra cui figura anche la famiglia Moratti. La bozza di accordo, che non andrà comunque mai in porto, prevede chei gestori del Leoncavallo paghino un affitto annuo di 80mila euro, cifra tuttavia molto distante da quanto richiesto dai Cabassi. Nel 2010 la Corte di Cassazione conferma che l'area va restituita ai Cabassi. Nel 2011 il neosindaco di centrosinistra Giuliano Pisapia riapre un tavolo di mediazione per chiudere la questione e regolarizzare la presenza del Leonka, ma anche in questo caso l'accordo non viene raggiunto. Fra i punti di discordia, il pagamento di un affitto annuo di 500mila euro a fronte dei 700mila richiesti dai Cabassi.
CronacaMilano e il Leoncavallo, mezzo secolo di cultura e battaglie