MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Leonardo Ciolino morto schiacciato dal suo furgone, lo strazio degli amici: “Papà e lavoratore instancabile”

Milano, il 46enne ha cercato di fermare il suo mezzo di 3 tonnellate che si stava muovendo: lascia la moglie e un figlioletto

Leonardo Ciolino

Milano – Non ce l’ha fatta Leonardo Ciolino: è morto schiacciato dal suo stesso furgone in via Gallarate, ieri poco dopo le 12.30. Aveva 46 anni e viveva a Cassina de’ Pecchi, alle porte di Milano, con la moglie e il figlioletto. “Una tragedia” dice con la voce rotta dalla disperazione un collega di lavoro della ditta Felma Srl, che si occupa di tecnologie per la sicurezza. "Lo ammiravamo tutti per la sua serietà e competenza".

Stando a quanto emerso, l’infortunio sul lavoro è avvenuto durante una consegna. Colleghi e amici si domandano cosa sia successo. Sono ancora in corso gli accertamenti ma, in base ai primi rilievi, il quarantaseienne, che lavorava come tecnico, aveva parcheggiato il suo mezzo di 3 tonnellate su una piccola rampa in un parcheggio di via Gallarate all’altezza del civico 205, a due passi da viale De Gasperi e dal cavalcavia del Ghisallo, quando per motivi ancora sconosciuti il furgone è scivolato all’indietro.

Leonardo Ciolino a quel punto avrebbe cercato di bloccarlo, finendo travolto. Immediata la richiesta di soccorso da parte di alcuni passanti e automobilisti, così in via Gallarate sono arrivati i vigili del fuoco, i soccorritori del 118 con un’ambulanza e un’automedica e il Nucleo Radiomobile della polizia locale. L’uomo era intrappolato sotto il furgone ed è stato estratto dai pompieri che hanno dovuto sollevare il mezzo con dei cuscini ad aria per poter raggiungerlo. Era già in arresto cardiaco, con ferite troppo gravi. Ed è deceduto poco dopo.

"Non ci spieghiamo ancora come sia potuto accadere", risponde un collega. In lacrime gli amici di una vita, a cominciare da quelli dell’Asd Arcobaleno dove Leonardo praticava judo (così come il suo bambino). "Amava tanti sport – ricorda Mario Belnudo, suo amico fraterno e allenatore –, era anche un grandissimo appassionato di basket".

Chi lo conosceva lo descrive come un uomo generoso, "sempre pronto a darsi da fare per gli altri. Un grande lavoratore, stimato, tanto che ci aveva raccontato che avrebbe avuto presto un aumento".

Al centro della sua vita, però, "c’era la famiglia: viveva per suo figlio e per sua moglie – continua Belnudo –. Un papà attento e amorevole e un marito presente. Noi ci stringiamo alla sua famiglia in questo momento di strazio, che è anche il nostro. Proprio la settimana scorsa eravamo stati a Ischia per un raduno sportivo. Non ci sono parole".

Sul suo profilo Facebook, le foto sorridenti con la famiglia durante le vacanze. Quelle mentre gioca a basket o in momenti di relax. Tantissimi post per celebrare i trionfi sportivi del suo figlioletto e per spronarlo ad andare avanti, sempre, anche dopo un terzo posto: "Non è andata come volevi ma non sempre la vita va come si vuole, ora si lavora duro in palestra per prepararsi al secondo round".

"Lui era così – continua Mario –, cercava sempre di guardare al futuro in positivo. Sorrideva, spronava gli altri a non arrendersi. Era anche molto religioso, frequentava la parrocchia Maria Madre della chiesa a Cassina, e l’oratorio di San Domenico Savio. Non posso credere che non ci sia più, non mi capacito. Questa morte per me rimane senza senso".