
L'agguato tra tifosi e Daniele Belardinelli
Milano, 29 dicembre 2018 - «All'improvviso è spuntato un T-Max nero, a forte velocità sul marciapiedi, tanto che tutti ci siamo dovuti spostare per evitare di essere investiti». È il segnale di partenza: le vedette sullo scooter precedono di poche decine di metri l’arrivo della carovana di auto e minivan con i tifosi del Napoli, il loro compito è quello di avvisare gli ultras appostati in attesa di far scattare l’agguato tra via Novara e via Fratelli Zoia. Sono le 19.23 del 26 dicembre, e i tanti testimoni capiscono che «sta per succedere qualcosa di brutto»: in strada, riferirà un passante agli investigatori della Digos, ci sono almeno «una quarantina di persone (un centinaio stando a quanto risulta, ndr)» che stanno parlando tra loro ad alta voce.
«Dopo qualche attimo – prosegue il racconto finito agli atti dell’inchiesta sulla rissa finita con l’investimento mortale del 39enne Daniele Belardinelli – mi avvedevo che gli stessi erano tutti armati di bastoni e spranghe metalliche e molti di loro avevano il viso travisato da cappucci o passamontagna». A guidare il gruppo, composto anche da ultras del Varese e del Nizza, ci sono due persone: «Impartivano ordini sia in lingua francese che in quella italiana: ricordo solo che uno dei due aveva un passamontagna scuro che lasciava scoperti solo gli occhi». Sono gli attimi che precedono il blitz: i nerazzurri sanno che sta per arrivare la colonna di auto dei napoletani; difficile che si siano dati appuntamento in quel punto per scontrarsi, anche se i partenopei, in inferiorità numerica, si aspettano imboscate e per questo sono a loro volta armati di aste, cinture e mazze.
Si tratta di tifosi che fanno in gran parte riferimento alla Curva A, si sono mossi con mezzi privati e alla spicciolata e il loro possibile arrivo a Milano sarebbe stato comunicato nei giorni scorsi dalla Questura di Napoli. All’uscita della Tangenziale Ovest che conduce alla zona del Meazza, il passaggio della carovana viene intercettato e segnalato via radio agli agenti in servizio nei pressi dello stadio, così da prevedere per tempo le modalità di ingresso all’impianto in sicurezza; dai video a disposizione, non risulta che il serpentone di macchine e furgoncini sia preceduto né seguito a breve distanza da veicoli della polizia, né con colori d’istituto né civetta. Fatto sta che a poche centinaia di metri da San Siro, parte il raid organizzato.
Il T-Max nero esce di scena, entrano in ballo decine di tifosi armati di mazze, spranghe, coltelli e roncola, che invadono via Novara in parte coperti dal lancio di bombe carta e fumogeni e partono all’assalto della carovana: qualche auto riesce a evitare la tonnara, tre minivan si bloccano all’incrocio, circondati. I napoletani non arretrano, anzi scendono e danno il via a quello che i pm Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro hanno definito «un combattimento». I corpo a corpo si susseguono, sotto gli occhi terrorizzati dei residenti affacciati alle finestre: alla fine, quattro ultrà partenopei resteranno feriti in maniera lieve, uno dei quali raggiunto all’addome da un colpo di roncola poi abbandonata nei giardinetti. «Siamo scesi con le mazze di ferro... hanno fermato tutti e hanno sequestrato dalle nostre auto picconi, mazze di legno, manganelli e tirapugni», è il racconto, tutto da verificare e non si sa quanto attendibile, contenuto in un audio diffuso ieri da Canale 21 e attribuito a uno degli ultrà che avrebbe preso parte agli scontri. Il «combattimento» va avanti per diversi minuti. Poi succede qualcosa: sono proprio alcuni tifosi del Napoli a notare Daniele Belardinelli a terra.
«Noioi stavamo attaccando di nuovo 3-4 interisti – prosegue il presunto protagonista degli scontri – quando abbiamo visto quell’uomo e abbiamo detto a uno “È tuo, È tuo”. E lui: “Tregua, tregua”... Ci hanno fatto l’applauso perché abbiamo permesso di soccorrere uno dei loro, poi li abbiamo attaccati ancora...». Il 39enne tifoso del Varese è stato travolto da un Suv nero non ancora individuato dalla polizia: il conducente, con ogni probabilità, non è legato alle dinamiche di curva, ma potrebbe essersi accorto di aver investito qualcuno e aver comunque deciso di proseguire (dopo aver rallentato) per evitare di finire nel mezzo della rissa.
«In questo frangente – a parlare è uno dei testimoni ascoltati dagli investigatori – notavo che 3 o 4 persone trasportavano a braccio un individuo con i pantaloni stracciati urlando “Ha le gambe rotte”. Il ferito veniva caricato su un’autovettura di medie-piccole dimensioni di colore o grigio chiaro o bianco che partiva a forte velocità su via Fratelli Zoia». Belardinelli verrà lasciato davanti al pronto soccorso del San Carlo, soccorso e subito operato, senza però riuscire a sopravvivere ai gravissimi traumi riportati nell’impatto con la macchina poi sparita. Al momento, la Digos ha identificato nove presunti aggressori (sette, di cui cinque con precedenti, sono stati sottoposti a Daspo di durata variabile tra cinque e otto anni), tre dei quali sono stati arrestati già nelle prime ore: oggi compariranno davanti al gip Guido Salvini il 21enne Luca Da Ros, difeso dall’avvocato Mirko Perlino, e i due 31enni Francesco Baj e Simone Tira, difesi dall’avvocato Antonio Redaelli. Stando a quanto anticipato dai legali, i tre, che si dicono «molto provati» dalla morte di Belardinelli («Era cosciente quando è stato soccorso»), risponderanno alle domande del giudice; sosterranno verosimilmente di aver avuto «un ruolo marginale» nella rissa finita in tragedia.