MILANO – “Mi hanno tolto il volto, l’identità. Mi hanno lasciato il numero. Saranno così intelligenti?”. Sul murale strappato è rimasto il tatuaggio di Auschwitz: l’ultimo sfregio dei soliti imbecilli. Liliana Segre si confida con Ruggero Gabbai, il regista del documentario presentato al Festival di Roma e martedì proposto nell’anteprima milanese al Dal Verme: “La senatrice è rimasta piuttosto choccata”. E se il sindaco Beppe Sala rivolge a Segre l’abbraccio della città (“A nome di tutte le milanesi e tutti i milanesi le porto il nostro affetto”), i segnali d’allarme continuano a crescere. L’ultimo: un cinema ha deciso di non proiettare il film. Motivo? “Hanno paura”.
Prima i vandalismi al murale dedicato a Liliana Segre e Sami Modiano, sopravvissuti alla Shoah e tra gli ultimi testimoni dell’Olocausto. Poi, a distanza di un giorno, l’attacco all’opera che celebra la studentessa iraniana Ahoo Daryaei, disegnata in intimo ricalcando il suo gesto per la libertà. Cancellata da ignoti ad appena tre giorni dalla comparsa, fuori dal Consolato dell’Iran. Entrambi i lavori sono stati realizzati da aleXsandro Palombo, artista contemporaneo e attivista, nato in Salento e milanese d’adozione. Non è la prima volta, anzi: l’eccezione, nel suo caso, è rappresentata da un lavoro che resta intonso.
Il colpo di spugna sui volti di Segre e Modiano, che si è esteso anche alle stelle di David gialle, eliminate completamente, lascia pensare a una mano antisemita. Lo stesso destino, più volte, è toccato ai “Simpson deportati ad Auschwitz”, sistemati dallo stesso Palombo sui muri del Memoriale della Shoah e imbrattati di vernice. Ora la situazione è peggiorata? “L’antisemitismo – risponde l’artista – c’è sempre stato. Semplicemente adesso hanno trovato una buona scusa per sdoganarlo. Quando la prima volta il murale dei Simpson è stato vandalizzato e sono state cancellate le stelle di David, ancora non era avvenuto l’attacco di Hamas. Quei ripetuti vandalismi, che hanno rovinato per tre volte l’opera al Memoriale ben prima del 7 ottobre, erano già indicative della condizione sociale in cui siamo precipitati”.
Ma tutto diventa bersaglio. Anche le opere in cui vengono ritratti leader politici. A maggio 2023 erano state coperte le immagini di Elly Schlein e Giorgia Meloni raffigurate nude e incinte, in riferimento alla polemica sulla maternità surrogata. Ma c’è un confine tra arte e battaglia politico-ideale? “L’arte – riflette Palombo – è politica. Qualunque forma espressiva, qualunque segno può diventare politico. Anche le opere dei giganti del Rinascimento erano politiche: all’epoca i committenti erano i potenti, usavano l’arte come mezzo per rafforzare la loro immagine e sfidare il nemico”.
L’impressione, al vedere che anche il murale sulla studentessa iraniana sia stato deturpato ad appena tre giorni dalla sua comparsa, è che ci sia un’intolleranza crescente contro l’arte pubblica. “C’è tantissima ignoranza – continua l’artista – L’arte sulla strada diventa liquida e, nell’era dei social, sfugge a qualunque censura e controllo del potere. Oggi chi usa ancora la censura come forma di controllo non fa altro che decretare la sua fine, siamo nell’era digitale e il potere è dell’immagine”.
I continui attacchi possono rappresentare una spinta ad andare avanti, in nome dei propri ideali, o, al contrario, essere un motivo per smettere. “Sono vecchio (l’artista ha 51 anni, ndr) e sopravvissuto al cancro, non mi spaventa nulla anche se ammetto che il rischio che sto correndo adesso è molto alto – rivela Palombo –. Da anni sono minacciato di morte dall’Islam ma nonostante ciò andrò avanti finché la mia salute me lo permetterà”.