
"Non lo lascio solo. L’ho abbracciato anche quella mattina, dai carabinieri. Nonostante il gesto. Perché è stato materialmente lui, ma non è stato lui" . .
Subito dopo l’arresto, Riccardo Chiarioni aveva chiesto di poter vedere proprio i nonni. "Soffro, ma non lo abbandonerò", aveva detto Giancarlo Albano, il padre di Daniela, uccisa insieme a suo marito Fabio e al figlio minore Lorenzo di appena 12 anni in quella che viene ormai ricordata come “la strage di Paderno“, consumata nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre scorsi. Riccardo, all’epoca 17enne, aveva inflitto alla famiglia 108 coltellate nella villetta di via Anzio. Lui che voleva "proprio cancellare tutta la mia vita di prima", come ha raccontato agli inquirenti e agli psichiatri, può contare sulla presenza e sulla vicinanza del nonno materno, che non gli ha mai fatto mancare il suo affetto.
"Visto che non ho più una figlia, un genero, mio nipote, mi è rimasto solo questo nipote. E credo che sia anche il volere di sua madre quello di aiutarlo. E questo sto facendo – ha spiegato ai microfoni del Tg3 regionale il nonno, che vive a Cinisello Balsamo insieme alla moglie, ex titolare di un negozio di intimo nel centro storico, che gestiva insieme a Daniela –. Non lo abbiamo mai abbandonato. Mai, mai. Io vado a trovarlo una volta a settimana nell’istituto penale. Vado fino a Firenze tutte le settimane. E non gli parlo mai del passato. Tendo a parlargli sempre di quello che sarà il suo futuro". La scuola, lo studio, cosa fa. "Pur girando alla larga, non parlandogli mai di quello che è accaduto, lui piange e io cerco di consolarlo. Cosa posso fare più di quello?". Prima della strage, avevano festeggiato il compleanno di Fabio, a casa, con tutta la famiglia riunita a Paderno. "Avevamo parlato, chiacchierato. Come succede a tutti i ragazzi quando si stancano di stare a tavola, lui e Lorenzo erano andati in cameretta. Quando io e mia moglie siamo andati via, sono scesi, ci hanno baciato. ‘Ciao, ciao, ci vediamo domani’. Era tutto normalissimo. La mattina dopo, dai carabinieri, ho subito abbracciato mio nipote. Nonostante il gesto. Perché è stato materialmente lui, ma non è stato lui".
La sua capacità di intendere e volere era parzialmente scemata, sospesa tra "realtà e fantasia. Era convinto di doversi liberare da tutti gli affetti", ha affermato la perizia psichiatrica disposta dalla gip per i minorenni di Milano Laura Margherita Pietrasanta ed eseguita da Franco Martelli. "Un ragazzo d’oro era e un ragazzo d’oro è e lo sarà per tutta la vita – ha concluso il nonno –. Sa di averci dato del dispiacere. Io lo leggo dalle lacrime. Le parole contano poco, ma le lacrime arrivano, punto e basta. Io aspetto. Non gli chiederò mai di quella notte, ma credo che prima o poi lui qualcosa dirà".