Milano, 3 ottobre 2023 – Diversi i problemi per reperirli e installarli, pochi i mezzi che ne sono già dotati, sempre più probabile un ricorso in tribunale per ottenere che l’obbligo di dotarsene sia rivisto: è questa la fotografia del primo giorno di entrata in vigore della nuova norma comunale che impone la presenza dei sensori anti-angolo cieco a bordo di quei mezzi pesanti che intendono entrare in Area B, la zona a traffico limitato grande quasi come tutta Milano in vigore dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30.
A scattarla sono le associazioni di categoria delle aziende di autotrasporto e di quelle che utilizzano camion. Sugli stessi mezzi, in aggiunta, devono obbligatoriamente essere affissi adesivi che avvertano che il conducente ha una visuale parziale e, quindi, sconsiglino automobilisti, motociclisti e ciclisti dal viaggiarvi affianco. Disposizioni che fanno di Milano un caso unico, come ha sottolineato l’assessora comunale alla Mobilità, Arianna Censi: "Per la prima volta in Italia si introduce l’obbligo di installazione del sensore per l’angolo cieco per i mezzi pesanti a protezione dei pedoni, dei ciclisti e di tutti gli utenti più deboli sulla carreggiata. Ma anche di coloro che utilizzano i mezzi pesanti, perché riteniamo che un incidente di questa natura sia un evento drammatico anche per loro".
Ma i diretti interessati sono critici. Claudio Donati, segretario generale di Assotir, non nasconde di aver già avviato le consultazioni con i legali per capire se ci siano gli estremi per impugnare in tribunale il provvedimento del Comune. Le probabilità di un ricorso sono alte.
Valutazioni in corso anche da parte di Sistema Trasporti, associazione dei bus turistici. "Questo obbligo – sottolinea Donati – è stato disposto dal Comune in tempi troppo brevi e senza una conoscenza approfondita della materia. Il risultato è che oggi gli autotrasportatori che viaggiano con i sensori già montati a bordo sono pochissimi, quasi nessuno. I problemi – prosegue il segretario generale di Assotir – sono tre: innanzitutto si tratta di sistemi di sicurezza esterni per i quali non è previsto alcun obbligo nel Codice della Strada e per i quali, di conseguenza, è quasi impossibile ricevere un’omologazione. Chi li installa si limita alla certificazione senza dare alcuna garanzia. Non è un caso – fa sapere Donati – che il rappresentante di una nota casa automobilistica, durante una recente riunione in Comune, abbia paventato la possibilità che alcuni sensori non siano compatibili con le centraline elettriche dei mezzi. Terzo problema: la reperibilità sul mercato che, complici i tempi stretti imposti dal Comune, è bassissima. Meglio sarebbe stato attenersi alla normativa europea che dal 2024 impone i sensori su tutti i mezzi di nuova immatricolazione o circoscriverne l’obbligo ai mezzi di cantiere, coinvolti negli ultimi incidenti". Elementi che, come detto, potrebbero trovar spazio in un ricorso.
A tal proposito da Palazzo Marino ribattono che quello dell’omologazione è un falso problema perché sono diverse le strumentazioni che si possono montare una volta acquistato il mezzo (after market), a partire dai filtri antiparticolato per finire con i seggiolini anti-abbandono.
Non entusiasta Simonpaolo Buongiardino, presidente di Assomobilità (Confcommecio) Milano, Lodi, Monza e Brianza: "Coloro che ne sono già muniti oggi sono pochissimi, ci vorranno almeno 6 mesi per l’adeguamento di un numero significativo di mezzi. I problemi sono diversi: scarsa reperibilità sul mercato, prezzi che oscillano tra i 1.500 e i 10mila euro, a seconda dei sistemi, l’impossibilità di una omologazione e la necessità di accontentarsi di certificazioni. Assomobilità ha stretto accordi per installazioni a prezzo convenzionato ma è evidente che il Comune ha agito di fretta: sarebbe servita più formazione degli utenti della strada e più tempo per le aziende".