Sfregio ai bimbi di Bullenhuser Damm. Imbrattata la lapide alla Guastalla

Bambini vittime dell'orrore nazista: la storia dei venti piccoli impiccati a Bullenhuser Damm nel 1945, un atto di barbarie dimenticato e ricordato con rispetto.

Sfregio ai bimbi di Bullenhuser Damm. Imbrattata la lapide alla Guastalla

I vandali hanno avuto cura di cancellare la parola «olocausto»

Li impiccarono a dei ganci dopo averli addormentati con la morfina. Venti bambini, dieci femmine e dieci maschi, la più piccola aveva cinque anni, i più grandi dodici. "Come quadri alla parete", dirà la SS che si appese a loro per stringere il cappio nello scantinato della scuola elementare di Bullenhuser Damm ad Amburgo in Germania, che era a due passi dal campo di concentramento di Neuengamme la notte del 20 aprile 1945, quando vi furono ammazzati quei venti bambini insieme a quattro detenuti adulti e a 24 prigionieri di guerra sovietici. La guerra era finita, Hitler si sarebbe suicidato dieci giorni dopo, ma i nazisti sconfitti dovevano nascondere le prove: quei bambini erano stati per mesi le cavie del dottor Kurt Heißmeyer, che li aveva “ricevuti” dal collega di Auschwitz Joseph Mengele, e aveva iniettato loro i bacilli della tubercolosi vivi asportando poi le ghiandole linfatiche. Ci riuscirono, i nazisti, a seppellire quella storia per 33 anni, e i bambini di Amburgo continuarono a studiare ignari in quella scuola finché non la tirò fuori con le unghie un giornalista tedesco, Günther Schwarberg.

Chissà se la conosce chi ha sfregiato una lapide che la ricorda dal 2007 nei giardini della Guastalla: ha cambiato 20 in "16.000", aggiunto "di Gaza" e coperto la parola "olocausto" perché si legga "vittime di Israele". Nessuno dei bambini di Bullenhuser Damm era israeliano - nemmeno esisteva all’epoca lo Stato di Israele -: quattordici erano polacchi, due francesi, due olandesi, uno slovacco e uno italiano, Sergio De Simone, sette anni, di Napoli, deportato da Fiume ad Auschwitz, finito nella "baracca dei bambini" destinati agli esperimenti di Mengele con le sue cugine Andra e Tati; quando gli chiesero se volesse rivedere la mamma non poté resistere e finì a Neuengamme con gli altri 19 bimbi. La loro “colpa” era essere ebrei, per i nazisti e pure per chi ha imbrattato la lapide nei giardini della Guastalla. Uno "sfregio alla memoria" che Mattia Abdu, presidente del Municipio 1, condanna sui social: "Nessuna critica alle politiche sbagliate o addirittura ai crimini di un governo può sfociare in questo". Giulia Bonezzi