
Milano, sgombero palazzina via Siusi
Milano, 22 marzo 2023 – E’ in corso, da questa mattina, lo sgombero di un edificio occupato in via Siusi 12, zona piazza Udine, a Milano. Si tratta di una fabbrica abbandonata (ex stabilimento industriale della Società San Carlo Gruppo Alimentare Spa) che, da anni, era stata occupata dalla rete solidale 'CiSiamo', con lo scopo di dare un alloggio in prevalenza a migranti senza dimora. Il collettivo collabora con analoghe altre realtà milanesi che si occupano di cittadini extracomunitari, ricevendo l'appoggio anche di centri sociali di matrice marxista-leninista e anarchica presenti in città.
Un’ordinanza del Tar
La notizia è stata data dalla prefettura che ha spiegato che l'intervento arriva "in esecuzione di pronunce della magistratura amministrativa". "Il tema della liberazione dello stabile è stato più volte oggetto di disamina in sede di Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica e le odierne operazioni di escomio sono intervenute a seguito di un complesso percorso avviato da questa Prefettura e condiviso, nei mesi, con la Procura milanese e la società proprietaria". Lo sgombero è stato effettuato in forza di un'ordinanza del Tar della Lombardia e di un provvedimento del Consiglio di Stato, risalenti al 2021.
Lo sgombero
Al momento delle operazioni di sgombero, nell’immobile erano presenti 37 stranieri che sono stati allontanati dallo stabile dalle Forze dell’ordine. "I Servizi Sociali del Comune di Milano hanno esaminato le fragilità degli occupanti e hanno offerto ai nuclei familiari con minori e ad alcuni adulti presenti, una collocazione in strutture dedicate, ma non tutti i soggetti hanno inteso aderire alla proposta", si legge nella nota della prefettura.
Operazione in sicurezza
Sempre nella nota della Prefettura, si legge che “la cornice di sicurezza organizzata dalla Questura, con uno strutturato servizio di ordine pubblico, ha consentito di svolgere nella massima tranquillità tutte le attività connesse allo sgombero e l’immobile, al termine delle operazioni, sarà riconsegnato alla proprietà che provvederà all’immediata messa in sicurezza del bene".
“Una casa per famiglie, bambini e migranti”
"Da anni questa fabbrica era diventata la casa per famiglie, bambini e migranti", si legge sulla pagina Facebook di Coa Tventotto. E ancora: “Da ottobre 2020 in via Siusi abitavano circa 40 persone tra cui alcune famiglie con minori, provenienti dal Mali, Gambia, Marocco, Brasile. La maggior parte di loro ha i documenti, altri sono in attesa di riceverli, altri ancora aspettano la sanatoria dal 2020. Lavorano nel settore edile, delle pulizie e della logistica o come rider. Nessuno di loro ha la possibilità di trovare nel mercato libero una casa in affitto sia per i costi esorbitanti sia perché il lavoro precario che svolgono con contratti a breve termine non rappresenta una garanzia per i proprietari di case”.
"Forte solidarietà dal quartiere”
Da Rete solidale CiSiamo fanno anche sapere che "negli spazi di via Siusi inoltre, in questi anni, si sono svolte diverse attività che hanno coinvolto il quartiere come la scuola di italiano, momenti ludici per bambini e incontri su lavoro precario, documenti, guerre politiche e colonialismi. Quella di via Siusi è stata una comunità che ha ricevuto forte solidarietà fin dall' inizio dagli abitanti del quartiere che hanno contribuito portando libri, indumenti e arredi, e collaborato all'attività della scuola di italiano”.
"Con lo sgombero di oggi – prosegue il post – perdiamo un'esperienza e uno spazio importante per chi non ha casa a Milano. Tutto ciò accade in contemporanea con il "Forum dell' abitare" in cui l'amministrazione comunale illustra le politiche abitative per il futuro di questa città. Un’amministrazione che, al contrario di quello che vuol far credere, non ha mai voluto ascoltare le voci di chi vive in prima persona il disagio abitativo. Chiediamo a tutti solidarietà per gli abitanti di via Siusi, sgomberati senza che sia stata offerta una soluzione abitativa alternativa. Abitanti che rischiano con la perdita della casa, di perdere lavoro e documenti e ritornare in una condizione di forte marginalità”.