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Sharon Verzeni aveva 33 anni. È stata uccisa fra il 29 e il 30 luglio del 2024
Bergamo – Aula di Corte d’assise. Stamattina si apre il processo per l’omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne originaria di Bottanuco (lavorava come barista al Vanilla di Brembate) uccisa con quattro fendenti la notte tra il 29 e il 30 luglio in via Castegnate, Terno d’Isola, dove viveva con il suo fidanzato Sergio Ruocco. È la prima udienza, di smistamento. Presidente della Corte Ingrascì, a latere il collega Longobardi. Sul banco degli imputati Moussa Sangare, 30 anni compiuti il 16 novembre nel carcere di San Vittore, dove si trova attualmente. Questa mattina dovrebbe essere presente. È assistito dall’avvocato Giacomo Maj che anticipa: “Chiederemo la perizia psichiatrica, e quando sarà il momento parlerà. Ha deciso di sottoporsi all’esame”. E inoltre depositerà la sua lista testi. Papà Bruno Verzeni, mamma Maria Teresa Previtali, e i figli Melody e Christofer si sono costituti parti civili, insieme allo stesso Sergio Ruocco. Tutti rappresentati dall’avvocato Luigi Scudieri.
La richiesta di perizia
Il difensore di Moussa in qualche modo lo aveva fatto capire che si sarebbe arrivati alla richiesta di perizia. “C’è bisogno di un accertamento sul suo stato mentale, la capacità di intendere e volere”, anche perché sulla colpevolezza pesa la sua confessione, le immagini estratte dalle telecamere, il dna della vittima che i carabinieri del Ris di Parma hanno estratto dalla bici dell’imputato.
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Moussa Sangare, nato a Milano da genitori del Mali, aspirante rapper, con casa a Suisio, dove vivono ancora la mamma invalida e la sorella studentessa universitaria, incensurato, e indagato per maltrattamenti in famiglia, rischia l’ergastolo per le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi e della minorata difesa, aggravanti che gli vengono contestati dal pm Marchisio.
La notte del delitto
Sharon era uscita di casa per fare una camminata, anche per perdere peso. Il fidanzato era già a letto a dormire. La coppia abitava in un appartamento a Terno d’Isola, progettava di sposarsi. Sharon arriva in via Castegnate: ha le cuffiette, sta ascoltando musica. Indossa una tutta da ginnastica. Sta facendo il tragitto per tornare a casa. Sono le 00.50 del 30 luglio. Incrocia Moussa. Lui è in giro in bici, dopo una serata con amici. Con sé ha uno zainetto, all’interno anche un coltello. Passa la 33enne, poi torna indietro, e l’avvicina. “Scusa per quello che sto per fare”, le dice prima di colpirla allo sterno e poi tre volte alla schiena, senza nessun motivo. Quando viene fermato Moussa agli inquirenti dice che quella notte è mosso da un “feeling”, che quando incrocia Sharon e torna indietro in bicicletta sa che “qualcosa sarebbe successo, ho seguito quell’onda”. Sharon ha solo il tempo di spostarsi dall’altra parte della strada, appoggiarsi a un cancello, e telefonare ai soccorritori. Morirà dopo il ricovero al Papa Giovanni XXIII.
L’indagine
Tutt’altro che semplice, da parte dei carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo, affiancati dai colleghi del Ros scoprire la verità. Analizzata una quantità notevole di immagini estrapolate dalle telecamere presenti a Terno d’Isola, e non solo. Si arriva all’imputato da un fotogramma sbiadito che lo riprende mentre da piazza VII Martiri raggiunge via Castegnate, il luogo dell’omicidio. Messo alle strette Moussa confessa.
Il coltello
Gli investigatori sono nella vicina Medolago. Setacciano le sponde del fiume, e qui trovano l’arma utilizzata per l’omicidio. È il 30 agosto 2024. “I carabinieri hanno rinvenuto all’interno di un calzino nero sporco di sabbia un coltello intriso di apparente sostanza ematica e alcune collane e ciondoli”. L’arma è stata zavorrata per essere lanciata nell’acqua.