Milano, 12 giugno 2020 - Non si pente , anzi rilancia il progetto della pista ciclabile da piazza San Babila a Sesto San Giovanni: "In futuro vedo corso Venezia e corso Buenos Aires senza parcheggi, come i grandi viali delle città europee". Rispedisce al mittente la proposta dei Sentinelli di rimuovere la statua di Indro Montanelli dai giardini di via Palestro: "Sono contrario, Milano riconosce le qualità di Montanelli". Parla dei "dubbi" che ha sulla sua ricandidatura, ammette un errore commesso durante l’emergenza coronavirus, ma rivendica la vicinanza ai milanesi. E, alla fine, dà i voti al Governo ("sei e mezzo, ma il difficile comincia ora") e alla Regione ("insufficiente. Gallera? Nella fase iniziale si è montato la testa"). Il sindaco Giuseppe Sala si confronta a tutto campo con Il Giorno nel suo ufficio di Palazzo Marino e lo fa senza dribblare nessuna domanda.
Sindaco, i Sentinelli e alcuni esponenti del Pd le chiedono di rimuovere la statua di Montanelli dagli omonimi Giardini di via Palestro per il passato colonialista del giornalista: durante la guerra di Etiopia ha convissuto con una minorenne abissina. Cosa risponde? "Non sono favorevole alla rimozione della statua di Montanelli. Penso che in tutte le nostre vite ci siano errori. E quello di Montanelli lo è stato. Ma Milano riconosce le sue qualità, che sono indiscutibili".
Lei leggeva Montanelli, le piacevano le sue posizioni? "Non mi piacevano tutte le sue posizioni, a volte eccedeva in protagonismo. Ma aveva una penna straordinaria".
Emergenza sanitaria. Qual è il suo personale bilancio della gestione dell’emergenza Covid? "All’inizio ho subito intuito che il problema coronavirus esisteva. Durante la prima riunione in Prefettura avevo detto che bisognava lavorare sul distanziamento sociale. Ma, alcuni giorni dopo, ho cavalcato anch’io il moto popolare che diceva “Milano non si ferma’’. Mi sono fatto travolgere da quell’onda di positività. È stato un errore, perché quello che dovrebbe fare un politico è usare sempre la propria testa e non farsi trascinare. Da quel momento in poi, però, ho cercato di trasmettere alla città un senso di presenza, di vicinanza e di tempestività. Ad esempio, prima ho vietato l’asporto degli alcolici fuori dai locali, poi ho revocato l’ordinanza. Ci sono sempre pro e contro, ma bisogna provare a intervenire per far fronte ai problemi".
Dopo l’accoltellamento in corso Garibaldi, si è pentito di aver revocato quell’ordinanza? "No. Il tema sicurezza c’è a Milano, come nelle altre grandi città. Il problema è decifrarlo e capire come intervenire. Con prefetto e questore lunedì ci incontreremo. Ci sono zone che meritano più attenzione. Bisogna capire dove concentrare i controlli".
Quali sono, invece, i provvedimenti per fronteggiare l’emergenza di cui è più soddisfatto? "Sarà ricordato il fatto che sto forzando i tempi nella trasformazione della mobilità. Le piste ciclabili sono il provvedimento più visibile e dunque oggetto di polemica. Ma sono un segno della direzione in cui voglio andare, perché non voglio solo subire questa chiusura, vedo che le grandi città seguono la stessa rotta e io ho un credo ambientalista".
Si tratta di provvedimenti inseriti nel documento “Milano 2020. Strategia di adattamento’’. I progetti e gli obiettivi indicati, compresa la pista ciclabile San Babila-Sesto, sono legati all’emergenza o sarebbero stati realizzati comunque? "Questa domanda mi permette di spiegare bene il progetto della pista ciclabile. Alcuni contestano questa pista perché la vedono tortuosa. La soluzione più corretta e, probabilmente, quella a cui arriveremo in futuro – bisogna ancora capire quanto tempo ci vorrà – è una pista ciclabile dritta perché i parcheggi su quelle grandi arterie non ci saranno più: io a tendere vedo corso Venezia e corso Buenos Aires, in linea con i grandi viali delle principali città europee. Questa è la visione e ci arriveremo comunque, probabilmente con tempi che ancora non sono conosciuti, perché bisogna lavorare per alternative di parcheggio. Noi, invece, ci siamo trovati a dover intervenire subito, perché oggi tanti cittadini hanno timore di prendere i mezzi pubblici. In ogni caso non mi pento assolutamente di aver fatto realizzare questa pista ciclabile".
I commercianti di corso Buenos Aires sono già contro questa prima versione della pista... "Ho grande rispetto per i commercianti. Ma sono perplesso quando loro sostengono di aver perso il 70% del loro fatturato per colpa della nuova pista ciclabile. Oggettivamente non è così".
Ha sentito il presidente della Regione Fontana dopo l’esposto alla Procura del suo assessore De Corato proprio contro la pista San Babila-Sesto? "Sì, l’ho sentito. Mi ha detto che lui non ne sapeva niente. Credo alla sua buona fede. Dico anche che un assessore che fa parte di una squadra non può permettersi di fare quel che vuole. Quindi è chiaro che i rapporti tra Comune e Regione ne risentiranno. Andare in Procura è un atto grave".
La possibilità per bar e ristoranti di posizionare dehors, tavolini e sedie (gratis) per non essere penalizzare dalle regole sul distanziamento potrebbe diventare definitiva o è temporanea? "La vedo come soluzione temporanea. I ristoratori oggi sono in difficoltà perché lavorano poco o niente a pranzo. Quando la città tornerà alla normalità, spero non avranno più questo problema".
A proposito di ritorno alla normalità, qualche settimana fa lei ha parlato di una campagna di promozione dell’immagine Milano per far tornare i turisti in città dopo l’emergenza. Ci state lavorando? O è ancora presto per lanciare una campagna del genere? "Lo stiamo discutendo con i partner che possono aiutarci nella costruzione di questo piano: il mondo degli hotel, della moda e del design. Ma oggi è prematuro lanciare una campagna del genere, Linate è chiuso". Investimenti per far ripartire la città. Ce n’è uno pronto, quello proposto da Milan e Inter per la realizzazione di un nuovo stadio a San Siro. Dopo l’ultimo progetto proposto dai club e il via libera della Sovrintendenza alla demolizione del Meazza, l’accordo è più vicino o l’intesa sulle volumetrie è lontana? "A questa domanda dovrebbero rispondere Milan e Inter. Perché le squadre hanno ben chiaro qual è il massimo di volumi che il Comune può concedere. I club sanno che quello che hanno chiesto finora è impossibile da accettare. Il nodo fondamentale resta questo. Poi ci sono una serie di procedure da adottare prima di poter arrivare in Consiglio comunale. Un esempio: se proponi un centro commerciale, devi essere autorizzato dalla Regione".
Si aspetta che la Regione targata centrodestra metta i bastoni tra le ruote al progetto S. Siro? "No. Qual è la posizione di Lega e Forza Italia sul nuovo stadio? Non l’ho ancora capito".
Fronte cultura. Dispiaciuto per l’addio di Sergio Escobar al Piccolo Teatro? Ha già in mente nomi per la successione? "Escobar da tempo ondeggiava tra momenti in cui era disponibile ad andare avanti e altri momenti in cui aveva dei dubbi. Vista la situazione, umanamente lo capisco. Quindi non proverò a fargli cambiare idea. Il successore? Ho qualche nome in testa. Ci lavorerò. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini è un interlocutore che devo sentire per concordare una decisione. Perché il Piccolo è sì milanese, ma è un’istituzione importante per l’Italia".
Il circolo Ohibò, intanto, ha annunciato la chiusura a causa della crisi, altre realtà culturali rischiano di fare la stessa fine. Cosa può fare il Comune? "Ieri (mercoledì, ndr ) in tanti mi hanno scritto per Ohibò. Io li ho chiamati per conoscere la situazione. Il loro problema riguarda l’affitto che pagano a un privato: su quello il Comune può far poco. Ma ai responsabili di Ohibò ho parlato dei due milioni di euro del Fondo di mutuo soccorso destinati alle realtà culturali".
Veniamo al libro che ha appena pubblicato, “Società: per azioni’’, in cui parla di «nuovo socialismo». Concretamente, in questo mandato o nel prossimo in Comune, a che tipo di provvedimenti di stampo “socialista’’ pensa? "Faccio una premessa: dal punto di vista politico, con il libro ipotizzo che una sintesi del pensiero cattolico e socialista possa costituire un’ottima base per la nostra contemporaneità. Le città stanno diventando dei laboratori molto interessanti e credo che l’innovazione debba nascere da lì. Sarà necessario ripensare il welfare, perché sta cambiando radicalmente la mappa del bisogno. E pensare a come confrontarci con le grandi aziende. Io ci ho lavorato, non le vedo come nemiche, ma non bisogna subirle. Ci sono grandi gruppi che non si capisce dove siano localizzati, non pagano tasse e condizionano pesantemente la nostra società. Sono problematiche non semplici ma, lo ripeto, soprattutto dalle grandi città potrà nascere una rivoluzione sociale".
Poco fa accennavo a un suo possibile secondo mandato a Palazzo Marino. In questo momento, a un anno dalle elezioni, è più vicino o più lontano all’idea di ricandidarsi? "Io mi vedo meglio nel ruolo di sindaco che in altri ruoli, perché mette insieme sensibilità politica e abitudine manageriale. È naturale che una persona del mio profilo si trovi a suo agio in questo ruolo. Non è che se ho dei dubbi sul ricandidarmi è perché ho un altro piano in testa. Il dubbio è uno solo: fare il sindaco è estremamente faticoso e porta a fare enormi rinunce nella vita privata. Io queste fatiche e queste rinunce le sto vivendo da dieci anni, l’Expo non è stata una passeggiata. Perché non voglio decidere oggi? Perché ora sono così stanco che rischio di farmi travolgere dalla stanchezza e dire “non ce la faccio’’. Voglio prendermi del tempo e poi decidere. Non solo. Sostenevo in tempi non sospetti che se mi ricandidassi, non lo farei dicendo che c’è un lavoro da completare, ma vorrei essere discontinuo con me stesso. Oggi di più, perché questa situazione anomala mi costringerebbe a essere ancor più radicale nella visione del cambiamento".
Una visione più radicale del cambiamento potrebbe prevedere la riapertura dei Navigli? "Sì, ma c’è il problema dei fondi. Per riaprire i Navigli ci vuole mezzo miliardo di euro e in questo momento non so dove potrei trovarli".
Dovesse immaginare Milano nel 2026, alla vigilia delle Olimpiadi invernali, che città si aspetta, in cosa sarebbe diversa dall’attuale? "Il tema dell’abitare, e dunque dell’urbanistica, sarà centrale. L’obiettivo è approvare solo progetti di edilizia veramente sostenibile dal punto di vista ambientale e, per esempio, i fondi europei dovrebbero essere utilizzati per andare in questa direzione. Poi bisognerà lavorare sul miglioramento del già costruito. Rimane un problema, quello degli affitti: c’è una larga fascia di popolazione che vuole vivere a Milano ma oggi ha delle difficoltà. Nel 2026, infine, mi auguro che ci siano meno auto in giro per la città".
Sulla ricandidatura ha già detto più volte che deciderà dopo l’estate. Dove andrà in vacanza? In Sardegna per fare pace con i sardi? "Sabato ho parlato con il sindaco di Olbia che mi ha invitato. Ma passerò le vacanze a casa mia in Liguria e ne sono ben felice".
Rapporti con il Governo. In questi mesi di emergenza ha sentito spesso il premier Conte? L’ha percepito vicino a Milano? Quali ministri hanno dimostrato attenzione nei confronti della città e quali no? "Conte l’ho sentito, non spesso. Gli ho spiegato le difficoltà di Milano e i suoi valori. Nell’azione del Governo ci sono luci e ombre, che dipendono dalla solida conoscenza di ciò che succede sul territorio. Ci sono ministeri con cui si lavora proficuamente, ad esempio quello delle Infrastrutture di Paola De Micheli, e altri, come quello dell’Istruzione, che il mondo della scuola non capisce dove voglia andare".
Che voto dà alla gestione dell’emergenza da parte del Governo? "Un sei e mezzo, sapendo però che la parte difficile comincia ora".
Sempre a proposito di voti, la Regione che voto si merita per la gestione sanitaria? "Un voto insufficiente. Io sono un teorico – e a volte esagero – della competenza e dell’esperienza. Il mio giudizio è che chi è stato alla guida della sanità lombarda non aveva questa preparazione. Ora hanno rimosso Cajazzo, che è persona a posto e in buona fede, ma non mi pare avesse l’esperienza settoriale per gestire una situazione così difficile. L’assessore Gallera è in politica da una vita, ma si è trovato a gestire una situazione più grande di lui. Ha fatto una serie di errori. Ho l’impressione che nella fase iniziale si sia montato un po’ la testa".
Allude all’idea di candidarsi a sindaco e magari sfidarla alle Comunali del 2021? "A parte questo, quando c’era bisogno assoluto di lui, credo facesse tre-quattro presenze televisive al giorno. Il mio giudizio è negativo. Do però atto che la situazione non era semplice da gestire. Io non pretendo un’ammissione di responsabilità da parte della Regione, ma un riconoscimento di ciò che non va, per avere certezza, da lombardo, che si metterà mano ai problemi: il presidio territoriale sanitario della Regione, ad esempio, è debolissimo. Mi auguro che stiano lavorando su una riforma del sistema sanitario non di facciata. Le Rsa? Da qui in poi mi attendo una gestione attentissima. Ma il disastro è già stato fatto".
In questo periodo lei ha usato molto i social. Meglio fare il “Buongiorno Milano’’ o rispondere alle domande dei cronisti negli “a margine’’? "Alle domande dei giornalisti dovremo tornarci e non mi sono mai sottratto. Il “Buongiorno Milano’’ è stato molto utile nella fase in cui tutti erano in casa. I miei avversari politici criticano la mia presenza sui social, ma rosicano un po’ forse perché vedono che funziona".
Della foto su Instagram in cui legge il suo libro si è pentito? Sul web l’hanno presa in giro. "Quando sei così tanto sui social, cose che non sono perfette possono capitare. Io non ci do peso, se no diventi insicuro fino a dire “perché devo stare sui social’’? Per un politico, invece, l’utilizzo dei social oggi è indispensabile. Ognuno li gestisce a modo suo".