ANDREA GIANNI
Cronaca

Smart working, gli uffici si ripopolano ma solo a metà

Fra banche e assicurazioni solo Unipol stoppa il lavoro a distanza. E le mense aziendali restano in crisi

La "city" finanziaria attorno a piazza Gae Aulenti e nel nuovo quartiere Citylife

Gli uffici si ripopolano “a metà“, torna il rito della pausa caffè e del pranzo al bar in un graduale ritorno alla normalità anche nei luoghi di lavoro. Da ieri banche e assicurazioni – che in Lombardia fra sedi e sportelli occupano in tutto quasi 100mila persone – hanno disposto il graduale ritorno al lavoro in presenza, mantenendo nella maggior parte dei casi lo smart working. Dieci giorni di smart al mese, tetto già stabilito dal contratto nazionale, su base volontaria, per le banche. Qualche giorno in più per le compagnie assicurative. Una tappa che per tutti gli impiegati, ad eccezione di alcune deroghe, significa il rientro in ufficio, e quindi alla vita da pendolare, dopo due anni di smart working d’emergenza prorogato fino al 30 giugno. "Il primo aprile ha segnato il pieno ritorno a un sistema misto di lavoro da casa e in presenza – spiega Francesca Lorusso, segretaria generale della Fisac-Cgil di Milano – ci sono stati alcuni problemi sui lavoratori fragili e sulle donne in maternità che nella maggior parte dei casi si sono risolti attraverso la contrattazione, con una deroga al rientro. Continuiamo a vigilare sul rispetto delle misure anti-Covid". Giganti come Allianz e Generali avevano già siglato un accordo con i sindacati che prevede, terminato lo stato d’emergenza, un 50% delle ore di lavoro in smart working, dimezzando di fatto le presenze nei grattacieli di CityLife, con enormi spazi vuoti da riempire e affittare. Fra i grossi gruppi del settore l’unico che ha imposto un ritorno totale al lavoro in presenza, scatenando le proteste dei dipendenti, è la compagnia assicurativa Unipol. Per ora, almeno in banche e assicurazioni, non si è assistito a quel processo di chiusura di sedi e uffici distaccati, lasciando i dipendenti in smart working o tagliando personale, che si è verificato in altri settori. "C’è stato qualche tentativo da parte di Zurich – sottolinea Lorusso – che però siamo riusciti a bloccare, evitando conseguenze". Il graduale rientro in torri e grattacieli è anche una boccata d’ossigeno per bar e ristoranti. E in alcuni casi multinazionali hanno approfittato dei due anni di smart working per sopprimere definitivamente le mense, sostituendole con i buoni pasto. "In molte aziende le mense non riapriranno più – spiega Maurizio Bove, segretario generale della Fisascat-Cisl Milano – il settore sta ancora subendo una crisi pesantissima che per ora non si è tradotta in licenziamenti di massa solo grazie al massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali".

Sindacati e associazioni hanno lanciato anche un appello al Governo, chiedendo un intervento per il settore. Una crisi che solo nel Milanese coinvolge circa cinquemila persone, per lo più donne. Rischiano di rimanere tagliate fuori dal graduale ritorno alla normalità nei luoghi di lavoro, che prevede il progressivo superamento dell’obbligo di green pass e dello smart working. "Probabilmente in futuro rimarrà un modello misto – prosegue Lorusso – bisogna però tenere presente che la pandemia non è finita, è necessario non abbassare la guardia". Il rientro per ora ha risparmiato i lavoratori fragili, con particolari patologie, anche negli uffici pubblici. La questione si è posta nei giorni scorsi a Palazzo Marino, finendo al centro di una battaglia sindacale. "L’amministrazione ha accolto buona parte delle nostre richieste", spiega la Fp-Cgil. "Le lavoratrici e i lavoratori che attualmente si trovano in condizioni di fragilità e in regime di smart working 5 su 5 continueranno a svolgere tali attività con le modalità attuali fino a quando non verrà calendarizzata la visita presso il medico".