GIANLUCA BRAMBILLA
Cronaca

"Smart working, missione compiuta"

Corso (Politecnico): i giorni di lavoro in ufficio e da casa ora sono in equilibrio, l’alternanza continuerà

Lavorare anche dai luoghi più impensati si può: lo si scoperto con la pandemia

Milano - Milano città degli uffici, dei grattacieli, dei grandi centri del settore terziario. Con l’arrivo del Covid, però, qualcosa è cambiato. Sempre più aziende hanno iniziato ad adottare modalità di lavoro da remoto, costringendo la città a ripensare la traiettoria del proprio modello di sviluppo. Secondo Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico, Milano si è fatta trovare pronta. Tanto da poter essere considerata oggi la "capitale italiana dello smart working".

Professor Corso, il lavoro da remoto sembra destinato a diventare la nuova normalità. Cosa significa questo per la città di Milano? "Milano è una delle città italiane che si è mossa con più rapidità per il lavoro agile. Innanzitutto ha rivisto la propria struttura, sviluppando centri molteplici sia per il terziario che per il residenziale. Questo rende Milano una delle città più moderne al mondo per impianto urbanistico. L’aumento dello smart working, poi, non farà che accelerare la realizzazione della "città a 15 minuti", in cui si evitano gli spostamenti inutili e si favorisce l’adozione di un modello di sviluppo urbano più sostenibile".

Quali sono I vantaggi dello smart working per chi vive in città? "Innanzitutto la riduzione del rischio di contagio, che è poi la motivazione principale per cui è stato introdotto lo smart working nei primi mesi di pandemia. Le stime del nostro Osservatorio, per esempio, prevedono che il ricorso al lavoro da remoto permetterà di diminuire del 10 o del 20% i flussi sui mezzi pubblici. Un altro grande vantaggio riguarda poi il traffico e la vivibilità della città. Uno degli effetti negativi della pandemia, infatti, è stato l’aumento del ricorso ai mezzi privati, che ovviamente ha un impatto terribile sull’inquinamento atmosferico e sulla salute. Grazie allo smart working potremmo riuscire a mitigare questi effetti".

Tornando alle trasformazioni della città, chi ci guadagna e chi ci perde in questa fase? "Un aspetto molto importante da tenere in considerazione sarà il nuovo equilibrio tra metropoli e hinterland. Oggi grazie allo smart working tanti pendolari sono costretti a spostarsi in città soltanto un paio di giorni alla settimana. Questo porterà nel tempo a una crescita delle periferie e delle aree extra-urbane. Certo, qualcuno finirà per essere danneggiato economicamente da questo processo. Per fare un esempio, ci sono zone in centro dove è possibile trovare un bar ogni 20 metri: è chiaro che situazioni di questo tipo sono destinate a ridursi. Credo però che la città abbia il compito non solo di assecondare questi cambiamenti ma anche di accompagnarli, così da aiutare chi rischia di essere lasciato indietro. Un altro tema fondamentale sarà la diffusione di spazi comuni di lavoro e socializzazione, il cosiddetto “co-working’’, in diverse zone della città. Se si seguirà un modello di sviluppo più intelligente, Milano avrà solo da guadagnarci".

Una volta che ci saremo lasciati alle spalle la pandemia, come evolverà lo smart working? "Le stime del nostro Osservatorio ci dicono che oggi siamo a un perfetto equilibrio tra lavoro in presenza e lavoro da remoto. La maggior parte delle aziende prevede due o tre giorni in ufficio e altrettanti da casa. Rispetto ai momenti di picco della pandemia, abbiamo avuto un calo sensibile del ricorso allo smart working, soprattutto tra le piccole iprese. Tuttavia, credo che a Milano – sede di molte aziende che hanno reso il lavoro agile una propria bandiera – si continuerà con questa alternanza. Insomma, la città parte da un grande vantaggio competitivo e credo che continuerà ad essere uno dei grandi protagonisti di questa nuova fase".