Franco
Guidi*
Questa strana e inedita situazione che stiamo vivendo non offre alcuna garanzia sulla sua prevedibile durata, ci impone continue e talvolta radicali revisioni di programma, a tutti i livelli, compreso uno dei mondi che più ci interessano da vicino: quello del lavoro (in generale), e quello
“smart” in particolare. Il modo con cui è comunicato, se non altro a livello generalista, è semplicistico: definire “smart” il semplice svolgere a distanza ciò che si potrebbe fare vis-a-vis crea una confusione semantica. Se fosse tutto qui, si tratterebbe solo di un problema di delivery digitale da un altrove a un centro di raccolta e coordinamento (l’azienda, l’ufficio, la sede…). È tutto qui? L’accesso all’agilità del lavoro si è fatto di colpo più “agile”, anche perché in deroga alla legge attuale, ma non produce gli effetti connaturati allo smart working in senso proprio (fluidità delle connessioni, moltiplicazione relazionale ecc.). È invece una straniante sperimentazione di massa: l’allontanamento e la separazione di un sempre più ampio numero di persone dalle proprie comunità lavorative, abilitate tramite tecnologia a mantenersi operative. Vediamo come il COVID-19 abbia stravolto diversi ambiti: i third place (i luoghi che non sono né casa né ufficio) sono temporaneamente congelati, mentre i first (le abitazioni) e i second (i luoghi di lavoro) si sono sovrapposti. Un boom su così grande scala, mai vissuto prima, è un acceleratore di processi di cambiamento che avrà un impatto a medio termine su tutta la più ampia gamma di possibilità. Gli scenari che si aprono sono molteplici e così le domande: abbiamo l’infrastruttura digitale adeguata per remote-worker? Come manterremo la continuità relazionale? Sarà la fine del coworking e degli uffici? Come diventerà la nostra casa per un lavoro da remoto prolungato? Oggi ci stiamo allenando a un’altra prossemica, fisica e virtuale a un tempo. Dovremo imparare
a coniugare in modo nuovo prossimità e distanza, comunicazione e mediazione, spontaneità e formalizzazione. Questo può aprire nuovi scenari alla progettazione, ai modelli d’uso e gestione degli spazi, all’invenzione di nuove tipologie. Un’occasione da cogliere.
*Ad Lombardini 22
Con Alessandro Adamo
partner e direttore Degw