
Cresce la rete dei Patti Digitali. Ieri i gruppi si sono trovati all’università Bicocca
MILANO – Centotré “Patti digitali” sono già stati firmati e sono attivi. Sono stati coinvolti seimila genitori, in 14 regioni. “E con i 40 patti digitali in fase di avvio prevediamo di arrivare a raggiungere 10mila genitori entro il 2025. Le richieste sono continue: il tema è sentitissimo”. Lo si mette a fuoco, numeri alla mano, all’Università di Milano-Bicocca, dove si trovano le famiglie e i promotori della rete nata dal basso per gestire in modo collettivo l’età di arrivo del primo cellulare e porre dei “paletti” all’uso dello smartphone, con un accesso graduale, evitandone abusi. In prima linea ci sono i ricercatori dell’università e, in particolare, del centro “Benessere digitale“, le associazioni Mec - Media Educazione Comunità, Aiart Milano - Associazione Cittadini Mediali e Sloworking, che fanno il punto sul “villaggio“ nato nell’ottobre 2022 e che è cresciuto: ai primi “Patti digitali“ pilota - sottoscritti a Milano e in Friuli - se ne sono aggiunti più di 100.
“E il villaggio cresce in maniera orizzontale, con l’aumento delle famiglie, ma anche trasversale e verticale, coinvolgendo le istituzioni”, spiega Marco Gui, docente di sociologia dei media, illustrando anche il dibattito in corso a livello normativo e le ricerche scientifiche. “Tutto è partito da gruppi di genitori e qualche volta da scuole che si sono coordinate per gestire alcuni passaggi dell’educazione digitale a partire dall’arrivo dello smartphone, creando norme sociali che mancavano. Il principio chiave dell’educazione digitale è sì alla tecnologia ma nei tempi giusti. Serve un accesso graduale a seconda della fase di sviluppo delle bambine e dei bambini e una comunità”.
Sul fronte ricerche, “l’ultimo rapporto Pisa ci conferma che c’è questo rapporto a “U“ rovesciata: se si usano i dispositivi fino a un’ora al giorno le perfomance aumentano, sopra le due ore crollano vertiginosamente in tutti i segmenti sociali e soprattutto nei contesti più svantaggiati – prosegue Gui –: abbiamo anche più evidenze su come i device mobili riducano la qualità e quantità del sonno e la performance scolastica. La percezione delle famiglie è molto cresciuta ma anche a Milano abbiamo misurato il gap tra quello che fanno e quello che vorrebbero fare. Ci sono pressioni che intralciano un desiderio educativo”. Concordano sull’idea di non dare il telefonino prima dei 14 anni, ma lo concedono a 11 anni (nel 52,7% dei casi). E chiedono aiuto agli esperti e linee guida comuni.
Sotto la lente anche le contraddizioni nel mondo della scuola, con compiti sul registro elettronico e comunicazioni a qualsiasi ora, e la richiesta di regolamentazione anche negli oratori, nelle società sportive, tra gli scout. In questo quadro si inseriscono anche le “Raccomandazioni di Milano“ e l’impegno della Regione Lombardia, che ha aderito al progetto dei Custodi digitali, coinvolgendo già 800 pediatri che durante i bilanci di salute parlano di educazione digitale, a tutte le fasce d’età. Prossimo obiettivo: fare crescere il villaggio e coinvolgere anche le piattaforme.