SIMONA BALLATORE
Cronaca

Quando e come dare smartphone ai ragazzi: “Finito il tecno-ottimismo, ora serve un equilibrio”

Milano verso la svolta. Il professor Marco Gui (Bicocca): “Pronte le raccomandazioni per arrivare al benessere digitale”. Primo patto condiviso con limitazioni, indicazioni per età e compiti a casa

Il professor Marco Gui (Bicocca) e il tema dell'uso degli smartphone tra i ragazzi

Il professor Marco Gui (Bicocca) e il tema dell'uso degli smartphone tra i ragazzi

Milano – “Siamo in una fase di passaggio: è arrivato il momento di digerire il tecno-ottimismo acritico, cominciando a selezionare davvero cosa sia adatto alle diverse fasi di sviluppo e abbandonando o limitando ciò che non è fruttuoso a determinate età”. Marco Gui, professore di Sociologia dell’università di Milano-Bicocca è direttore del centro di ricerca “Benessere Digitale”.

In città sono nati i primi “Patti digitali“. A che punto siamo?

“I patti digitali sono ormai più di cento in tutta Italia: sono esperienze dal basso, con genitori, scuole, gruppi informali e associazioni che stilano un loro patto sull’età giusta per lo smartphone e le modalità di utilizzo. Adesso siamo a un momento di svolta: sono pronte le “Raccomandazioni di Milano per il benessere e la sicurezza digitale dei bambini e dei preadolescenti“. Siamo arrivati a una posizione istituzionale, condivisa dal Comune, dall’Università Bicocca, da Ats Milano, dall’ufficio scolastico territoriale, dal Corecom, dai pediatri del Sicupp Lombardia e dall’associazione “Aspettando lo smartphone“”.

Milano fa scuola?

“Non credo che ci siano esperienze simili in Italia. Avremo a disposizione uno strumento che sarà presentato il 10 ottobre durante la Digital Week, con le indicazioni sull’età dello smartphone, sui compiti a casa, sull’accesso ai social, sulla formazione dei genitori e il parental control. Sfide emerse dopo focus group, interviste a oltre settemila tra docenti, genitori e ragazzi, eventi pubblici che hanno approfondito la dimensione socio-psico-pedagogica, medica e giuridica con esperti che sono entrati nel tavolo tecnico. Un processo reso possibile nell’ambito del progetto Musa”.

Cosa è emerso dalle interviste alle famiglie milanesi?

“C’è un enorme gap tra la prassi e quello che i genitori pensano sia giusto fare. Spesso si è spinti ad anticipare l’età di accesso allo smartphone perché ’così fan tutti’. Ma è emersa anche la forte domanda di avere una posizione istituzionale: famiglie e scuole concordano sulla necessità di avere linee guida comuni. Anche perché il dibattito si sta nuovamente polarizzando. A Milano abbiamo trovato un compromesso positivo tra persone che in partenza la pensavano diversamente. Le raccomandazioni non sono delle regole da applicare da domani, ma consigli che indicano la direzione verso cui tendere per creare un ambiente significativo e sicuro per l’esperienza digitale”.

Smartphone a scuola sì o no?

“Da un lato l’opinione pubblica si sta muovendo verso una maggior cautela, ci sono pubblicazioni scientifiche, petizioni come quella di Novara e Pellai, c’è stata la circolare Valditara e diversi schieramenti stanno costruendo disegni di legge: la politica sta cercando di rispondere a un tema che è trasversale. Dall’altro lato, a mio parere, c’è una difficoltà nel trovare soluzioni nuove dopo un ventennio di tecno-ottimismo acritico. Soprattutto nel campo delle politiche scolastiche. La sfida sarà trovare un nuovo equilibrio, un mix tra limitazione ed educazione digitale, che sia specifica per le diverse fasi di crescita”.