SIMONA BALLATORE
Cronaca

A Milano 77 social street. L'esperta: Conosciamole ma non snaturiamole

Cristina Pasqualini, sociologa e docente dell’Università Cattolica, è alla regia dell’unico osservatorio italiano sul fenomeno

Cristina Pasqualini

Milano, 11 marzo 2016 - Sono 77, molto diverse fra loro, e vengono "copiate" anche fuori città per le ricadute positive che possono avere sul territorio. Cristina Pasqualini, sociologa e docente dell’Università Cattolica, è alla regia dell’unico osservatorio italiano - completamente autofinanziato e auto commissionato - che monitora il fenomeno delle social street.

Cosa spinge a creare una social street?

“L’esigenza di riallacciare legami di prossimità, per sfuggire all’anonimato. Spesso gli amministratori sono persone che si sono trasferite in città per lavoro o studio, che non conoscono i vicini: non sono radicate nel territorio e si trovano spiazzate. Magari provengono da realtà in cui c’erano legami sociali forti. A questo punto o ti abitui all’anonimato o trovi il modo di buttare giù l’indifferenza, come dice anche Papa Francesco. Siamo connessi col mondo intero e non conosciamo il vicino di pianerottolo, non è curioso?”.

Milano ne è diventata la capitale?

“È la città che ne ha di più, a fine febbraio siamo arrivati a contarne 77, e si distingue da altre città anche per il tasso di attività delle strade. Bologna le è molto vicina, è stata anche la città che ha dato il via a tutto, altri grandi capoluoghi come Bergamo, Brescia e Torino stanno iniziando adesso a scoprire il fenomeno e le ricadute positive che i legami di prossimità possono avere per il territorio”.

Qual è la fotografia della realtà milanese?  

“Sono 77, ma molto diverse fra loro, per grandezza, partecipazione e attività. Non sempre le più grandi sono anche le più attive. Possiamo individuare tre stadi: il primo è puramente online, una bacheca virtuale su cui si scambiamo notizie, ‘dove posso trovare un bravo idraulico’, ‘cosa posso fare questo pomeriggio in zona con i bimbi’; altre hanno fatto un passo successivo, passando dal virtuale al reale, lanciano eventi, come un aperitivo, per conoscersi. È più complicato, richiede tempo e non tutti vogliono fare questo passaggio. C’è poi un terzo livello, per cui dal virtuale e reale si passa al virtuoso, si organizzano attività per il quartiere, per la cura del bene pubblico, si aiutano i vicini”.

Quali sono le prospettive?

“Il fenomeno è in costante crescita, tuttavia, dopo l’esplosione del 2014, si registra anche qualche fattore di decrescita. All’inizio c’era l’effetto mediatico, la novità, la facilità del creare un gruppo a costo zero. La difficoltà è nel prendersene cura. Non è una sciocchezza. Un amministratore si trasferisce, non ha più voglia o magari trova un terreno più ostile, la partecipazione è un problema, è più facile dare un ‘like’ dal divano che scendere in strada. Siamo pigri e questo crea rallentamenti. È anche vero però che le ultime social street sono nate per effetto delle buone pratiche, vedono il bello di un’esperienza che già esiste e la replicano. Sanno che non è una cavolata, sono più consapevoli”.

Una new entry interessante?

“Il NoLo Social District (Nord Loreto, ndr) ha fatto molto parlare di sé nonostante non abbia ancora un anno di vita. Le social street non nascono in ottica campanilista, mettendo steccati, ma inclusiva e NoLo lo spiega bene: tre social street si sono unite nel primo social district. Un esperimento intelligente di collaborazione che cresce a vista d’occhio”.

Cosa pensa dell’idea del Comune di creare un albo?

“Una cosa deve essere chiara: le social street non hanno bisogno del Comune per essere riconosciute, sono un fenomeno nuovo, spontaneo. Sono gruppi informali, non sono associazioni, non chiedono fondi né finanziamenti.Il problema in alcuni casi è se si decide di organizzare eventi in strada, per l’occupazione di suolo pubblico e le autorizzazioni. Una facilitazione burocratica potrebbe servire, ma attenzione a non usare logiche antiche in cui queste esperienze non rientrano. Conosciamole sì, ma non snaturiamole”.