«Voglio chiedere scusa alla famiglia e a tutti quelli a cui ho causato disagio". Poi, nel corso della requisitoria della pm per la richiesta dell’ergastolo, abbandona l’aula. Solo queste parole, seguite alla richiesta di rilasciare spontanee dichiarazioni, da parte di Zakaria Atqaoui, il 23enne che all’alba del 29 luglio ha ucciso con otto coltellate nel sonno la sua ex, la 20enne Sofia Castelli, dopo essersi nascosto nell’armadio della casa della ragazza, a Cologno Monzese nel Milanese. L’italo-marocchino, detenuto in carcere, è imputato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, futili motivi e uso del mezzo insidioso, per essersi nascosto nell’abitazione della vittima per tenderle l’agguato mortale, nel processo ripreso ieri davanti alla Corte di Assise di Monza dove si sono costituiti parti civili familiari e parenti di Sofia.
«L’imputato ha usato il termine disagio come se avesse parcheggiato in doppia fila, invece ha commesso un omicidio con crudeltà inaudita - ha dichiarato uno dei loro legali, l’avvocato Giuseppe Policastro - E il fatto che abbia deciso di andarsene senza ascoltare mostra qual è il suo temperamento". Un vocabolo ritenuto "imbarazzante" dall’amica di Sofia, Aurora Fiameni, parte civile perché dormiva nella stanza accanto quando la giovane è stata uccisa. Aurora ha voluto parlare della sua amica e di Giulia Cecchettin, per "non spegnere l’attenzione" sui femminicidi. "Non ha senso morire così, a 20 anni, come Sofia e la stessa Giulia per mano di chi aveva promesso amore eterno. Ci si dovrebbe interrogare su queste vicende da subito senza attendere di esserne protagonisti. Noi attendiamo giustizia e spero che questa storia possa essere un monito per le coscienze di tutti".
La pm Emma Gambardella ha chiesto la condanna all’ergastolo di Atqaoui sostenendo che "le attenuanti per avere subito confessato, fermando una pattuglia della polizia locale e per avere accettato di acquisire tutti gli atti al processo non possono essere paragonate alle aggravanti contestate, come non si possono comparare la lucidità con cui ha commesso il fatto con lo strazio che ha causato ai familiari". "Il movente è quello di non accettare di avere perso Sofia e che la ex potesse rifarsi una vita - sostiene la pm - Nelle chat appare possessivo e ossessivo. La premeditazione è innegabile. Con la scusa di portare la colazione entra la mattina precedente a casa di Sofia e prende le chiavi lasciate dai genitori assenti, che nel periodo del Covid l’avevano accolto come un figlio. Quando Sofia la sera esce per andare a ballare, lui si nasconde nell’armadio, prende dalla cucina prima un coltello, poi un altro, e attende per almeno 5 ore, convinto che la ex torni con un altro ragazzo. Invece torna con l’amica, ma lui non cambia il suo proposito di ucciderla".
Il difensore del 23enne, l’avvocato Vainer Burani, ha chiesto invece "una pena equa senza aggravanti". "Ha commesso un fatto orribile ma senza premeditazione, dice che gli è scattato qualcosa in testa quando ha capito che l’amica di Sofia non se ne sarebbe andata via. Voleva ancora parlarle, anche se Sofia era già stata chiara e non voleva più tornare con lui". La sentenza, il 12 aprile.