Spari all’alba, a terra i Quindici. Dalla rotonda di San Vittore un omaggio ai martiri di Milano

E domani le celebrazioni in piazzale Loreto, assente il sindaco Beppe Sala, presenzia Scavuzzo. Gonfalone della Regione e interventi del presidente Anpi Primo Minelli e Massimo Castoldi.

Spari all’alba, a terra i Quindici. Dalla rotonda di San Vittore un omaggio ai martiri di Milano

E domani le celebrazioni in piazzale Loreto, assente il sindaco Beppe Sala, presenzia Scavuzzo. Gonfalone della Regione e interventi del presidente Anpi Primo Minelli e Massimo Castoldi.

di Roberto

Cenati*

Ottant’anni fa, il 10 Agosto 1944, in piazzale Loreto avveniva uno dei più tragici episodi della storia milanese durante la Resistenza. Un plotone fascista della legione autonoma Ettore Muti fucilava, per ordine della sicurezza nazista, 15 partigiani prelevati dal carcere di San Vittore. Con queste fucilazioni si pensava che la strategia del terrore nazifascista potesse isolare i combattenti della Resistenza dalla popolazione. L’eccidio di piazzale Loreto ottenne invece l’effetto opposto e Milano non ha mai dimenticato quella barbarie. Così ho pensato che le parole di Giovanni Pesce in “Senza tregua. La guerra dei Gap” a ricordo di quel tragico giorno, fossero le più giuste, in vista della giornata di domani. Giovanni Pesce è stato Comandante Partigiano, responsabile dei Gap (Gruppi di Azione Patriottica) prima a Torino e successivamente responsabile della 3a Gap a Milano, con il nome di battaglia Visone, Medaglia d’oro al valor Militare, protagonista della Resistenza al nazifascismo e della liberazione di Milano. Eccole.

"Ho sete di notizie ufficiali, in assenza di quelle saltuarie fornitemi dalle staffette del comando. Da viale Romagna si raggiunge Piazzale Loreto lungo un rettilineo fino in via Porpora e si svolta a sinistra. Dappertutto cordoni di repubblichini: militi dietro militi, sempre piú fitti, sempre piú lugubri. In Piazzale Loreto una folla sconvolta e sbigottita. Si respira ancora l’odore acre della polvere da sparo. I corpi massacrati sono quasi irriconoscibili. I briganti neri, pallidi, nervosi, torturano il fucile mitragliatore ancora caldo, parlano ad alta voce, eccitatissimi per aver sparato l’intero caricatore. L’ultimo volto che vedo abbandonando la piazza è quello di un repubblichino che ride istericamente. Quel riso indica l’infinita distanza che ci separa. Siamo gente di un pianeta diverso. Anche noi combattiamo una dura lotta, in cui si dà e si riceve la morte. Ma ne sentiamo tutto l’umano dolore, l’angosciosa necessità. In noi non c’è e non ci può essere nulla di simile a quello sguardo a quella irrisione davanti alla morte. Loro ridono. Hanno appena ucciso 15 uomini e si sentono allegri. Contro quel riso osceno noi combattiamo. Noi abbiamo scelto di vivere liberi, gli altri di uccidere, di opprimere, costringendoci a nostra volta ad accettare la guerra, a sparare e ad uccidere. Siano costretti a combattere senza uniforme, a nasconderci, a colpire di sorpresa".

*ex presidente Anpi

provinciale di Milano