A oltre 12 anni di distanza dai fatti contestati è stata emessa a Milano un’altra sentenza d’appello, un secondo grado ‘bis’, sulle ultime posizioni, ancora a processo, di ex consiglieri ed ex assessori lombardi per la cosiddetta "rimborsopoli", tra il 2008 e il 2012, al Pirellone. Un’inchiesta, con al centro l’accusa di peculato, sulle presunte "spese pazze" da cui era emerso che politici si erano fatti rimborsare con soldi pubblici, per un totale di circa 3 milioni di euro in quattro anni, le spese più varie, tra cui soprattutto pranzi e cene. Sono stati prosciolti "per intervenuta prescrizione" sei imputati, tra cui l’ex assessore Massimo Buscemi e l’ex consigliere ed ex fisioterapista del Milan, Giorgio Puricelli. E ancora Gianluca Rinaldin, Giorgio Pozzi, Carlo Saffioti e Doriano Riparbelli, assistito dall’avvocato Paolo Cassamagnaghi.
È stato assolto da alcune imputazioni e prosciolto da altre Stefano Zamponi. Per le altre posizioni su alcuni capi di imputazione ci sono state assoluzioni o proscioglimenti per prescrizione e alla fine sono state rideterminate le pene per quattro imputati. A 2 anni e 20 giorni è stato condannato l’ex consigliere Angelo Giammario e ad un anno e 9 mesi, pena sospesa, Gianmarco Quadrini. La terza Corte d’Appello ha anche confermato le provvisionali di risarcimento, tra i 10mila e i 40mila euro, a favore della Regione. La Cassazione, nel 2022, aveva azzerato le condanne del maxi processo. In secondo grado nel 2021 erano stati condannati una quarantina di ex consiglieri. Poi, la Suprema Corte aveva riqualificato l’accusa di peculato in "indebita percezione di erogazioni pubbliche" per una parte degli ex esponenti della politica lombarda e aveva dichiarato per loro la prescrizione. Era stata cancellata senza rinvio la condanna, tra gli altri, di Renzo Bossi, figlio del fondatore della Lega.