Milano, 15 giugno 2020 - La bici percorre a passo lento via Manin, proprio la strada teatro della gambizzazione di Indro Montanelli, avvenuta il 2 giugno di 43 anni fa a opera di esponenti della colonna "Walter Alasia" delle Br. La luce che si percepisce dalle immagini, forse girate con una go-pro, lascia ipotizzare un orario da tardo pomeriggio-inizio serata di sabato. In sottofondo "The Revolution Will Not Be Televised", il celebre brano di Gill Scott-Heron più volte sentito in questi giorni come colonna sonora delle proteste per l’omicidio di George Floyd a Minneapolis. La due ruote entra dall’ingresso di piazza Cavour nei giardini pubblici intitolati al giornalista scomparso nel 2001 e inquadra due ragazzi, almeno così sembra dalle movenze, già all’opera: uno indossa una maglia rossa e l’altro nera, entrambi hanno il cappuccio in testa, pantaloni di tuta neri, guanti bianchi e scarpe da ginnastica ai piedi.
Prima rovesciano barattoli di vernice rossa sul monumento (ne verranno ritrovati quattro), poi uno si china sul basamento della statua e scrive con una bomboletta spray di colore nero la frase "Razzista stupratore", a rievocare la vicenda che nei giorni scorsi aveva portato l’associazione "I Sentinelli di Milano" a chiedere al sindaco Giuseppe Sala di rimuovere quell’omaggio in bronzo: "Fino alla fine dei suoi giorni – il post – ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l’aggressione del regime fascista all’Etiopia".
Il video si conclude con applausi registrati e la sigla dei due movimenti che hanno rivendicato l’azione: Rete Studenti Milano e Lume, la sigla antagonista di stanza dal 2017 in un ex magazzino comunale di via Vittorio Veneto (a poche centinaia di metri dal luogo del blitz). Quel filmato, comparso ieri pomeriggio sui profili Facebook dei due collettivi (e rilanciato pure dal Lambretta), verrà passato al setaccio dagli investigatori della Digos, così come le immagini registrate dagli occhi elettronici davanti ai cancelli dell’area verde di Porta Venezia; i primi esiti delle indagini finiranno nelle prossime ore sul tavolo del capo del pool Antiterrorismo della Procura, il procuratore aggiunto Alfredo Nobili, in vista dell’apertura di un fascicolo per imbrattamento. Almeno tre le persone in azione, anche se probabilmente ce n’erano altre all’esterno a fare da “pali“.
"Chiediamo, ad alta voce e con convinzione, l’abbattimento della statua a suo nome", si legge nel post di RSM e Lume. E ancora: "Con questo gesto vogliamo inoltre ricordare che, come ci hanno insegnato e continuano a insegnarci movimenti globali come “Non Una Di Meno“ e Black Lives Matter, tutte le lotte sono la stessa lotta, in un meccanismo intersezionale di trasformazione del presente e del futuro. Se il mondo che vogliamo tarda ad arrivare, lo cambieremo".
A proposito di "Non una di meno", erano state proprio le attiviste che si battono contro la violenza di genere a lanciare una latta di vernice contro la statua di Montanelli durante il corteo dell’8 marzo di un anno fa: quella volta fu usato il colore rosa, "a coprire il nero delle cose orribili fatte in vita". Stavolta i ragazzi hanno colpito con il rosso e il nero.