"Nella mia vita non ho mai lavorato e non mi vergogno a dirlo. Qui in carcere invece il lavoro è fondamentale, per quanto mi riguarda è la strada verso il riscatto sociale. Quando uscirò potrò dire che so fare qualcosa e bussare alle porte delle aziende". È la storia di Pietro Parisi (nella foto), 44 anni, uno dei detenuti che lavora nell’officina di produzione lamierini di finitura aperta lo scorso agosto da Coimec spa nell’area industriale del carcere di Bollate. Lui, insieme ad altri undici detenuti, prima ha frequentato un corso sulla sicurezza negli ambienti di lavoro e poi un corso di formazione professionale noi sui “banchi di scuola” ma nell’officina del carcere, "nessuno di noi sapeva fare questo lavoro, sono venuti alcuni tecnici dell’azienda e ci hanno insegnato a fare tutto in modo artigianale", racconta Pietro mostrando con orgoglio a fotografi e telecamere il risultato finale. "Per quanto mi riguarda la cosa straordinaria di questo progetto è che ci sono state delle persone che mi hanno dato fiducia e assunto - continua il detenuto -.
Il fatto di avere un lavoro è un modo per alleviare le mie giornata in carcere, per dare un senso alla detenzione, ma è anche una grande un’opportunità per il mio futuro fuori da qui. Sono all’inizio, devo ancora imparare tante cose, ma a fine pena potrò dire di avere un mestiere in mano". Lavoro ma non solo, Pietro con altrettanto orgoglio ci racconta che è iscritto al terzo anno della facoltà di Economia, che ha sostenuto 18 esami, "vado fiero anche di questo". Attualmente sono 182 i detenuti che lavorano nell’area industriale del carcere alle dipendenze di aziende che hanno scelto di portare una parte del lavoro qui. Accanto a loro ci sono cooperative sociali come la "Bee 4 altre menti". Ro.Ramp.