Esattamente 45 anni fa, era il 9 ottobre 1979, il posto di blocco fatale e l’uccisione a bruciapelo di Michele Campagnuolo, Pietro Lia e Federico Tempini, carabinieri in forze alla stazione di Melzo. Furono freddati, durante un controllo documenti, dalla 7,65 del pregiudicato Antonio Cianci, che aveva un omicidio all’attivo e viaggiava su un’auto rubata. 45 anni dopo, ieri mattina, una cerimonia con autorità e cittadini, sul luogo dove tutto avvenne, la rotonda sulla Sp14 a Liscate vicino alla casa cantoniera. Presenti il sindaco di Liscate Lorenzo Fucci e molti altri primi cittadini della zona, gli uomini dell’Arma capitanati dal maggiore Francesco Berloni comandante della compagnia di Pioltello, i carabinieri in congedo, e una delegazione di familiari: Donatella Tempini, sorella di Federico, e Daniela Lia, figlia di Pietro. Con loro l’appuntato oggi in pensione Pietro Marocco, che partecipò all’arresto dell’assassino. Nel giorno della strage l’appuntato Lia aveva 51 anni, il maresciallo Campagnuolo 52, il giovane Tempini, militare di leva, solo venti. L’omicida Cianci era ancora vigilato per l’uccisione, molti anni prima, di una guardia giurata quando quella mattina fu fermato dai tre carabinieri sullo stradone. I militari compilavano documenti e verbali quando l’assassino estrasse all’improvviso la pistola, freddandoli in pochi secondi. La caccia all’uomo partì immediatamente, il pluriomicida fu rintracciato in poche ore. Un fatto di sangue lontano, un ricordo quanto mai vivo. "Da qualche anno – così il sindaco di Liscate Lorenzo Fucci – ho voluto ripristinare questa commemorazione, nel giorno e nel luogo della loro morte, rendendo il giusto onore a chi ha dato la vita per tutti noi, per la nostra sicurezza. La loro morte non deve essere stata vana. Lo dobbiamo innanzitutto ai loro familiari".
Ai tre caduti del 9 ottobre erano andate, pochi giorni fa, anche le parole del comandante interregionale dei carabinieri Pastrengo Riccardo Galletta, in occasione dell’inaugurazione della Tenenza di Cassano d’Adda: "Ricordare questi colleghi caduti non è solo dovere. Noi siamo come loro, indossiamo la stessa uniforme. Non sapevano, quel giorno, che sarebbero morti. Ma avevano la consapevolezza del rischio. Come noi tutti".
Monica Autunno