di Andrea Gianni
MILANO
La battaglia legale davanti al Tribunale civile di Brescia, perché venissero riconosciute le responsabilità delle istituzioni per le falle sul fronte della sicurezza al Palazzo di giustizia di Milano, ha seguito un percorso lungo e tortuoso. Fino alla sentenza di primo grado che ieri, più di nove anni dopo la strage, ha accolto la tesi da sempre sostenuta dai familiari delle vittime del raid di Claudio Giardiello, che è riuscito a portare una pistola in aula e a sparare indisturbato: l’avvocato 37enne Lorenzo Claris Appiani, il giudice Fernando Ciampi e Giorgio Erba, coimputato dell’immobiliarista fallito artefice del triplice omicidio del 9 aprile 2015. "Non posso che esprimere la mia soddisfazione – spiega Aldo Claris Appiani, padre di Lorenzo – perché la sentenza ha riconosciuto che il ministero della Giustizia deve essere considerato primariamente responsabile per la mala gestione del sistema di sicurezza all’interno del Tribunale, già messa in evidenza nel processo penale". Il ministero della Giustizia e la società di vigilanza privata All System sono stati condannati infatti dal Tribunale civile di Brescia a versare "in solido" oltre 1,2 milioni di euro ai familiari dell’avvocato ucciso, come "risarcimento dei danni per la morte". Per il giudice sul ministero "grava" l’obbligo di "garantire" la "sicurezza" a "tutti coloro che per vari motivi debbono accedere ai palazzi di giustizia". Per quanto riguarda il Comune di Milano, invece, il giudice chiarisce che l’amministrazione era sì "committente del contratto di appalto sottoscritto con la società All System", ma le norme attribuivano "al Comune solo un obbligo di spesa", senza fare "alcun riferimento alle misure di sicurezza da adottarsi, che invece" erano "specificamente indicate come di competenza del Procuratore Generale e quindi del Ministero della Giustizia".
Sentenze analoghe potrebbero arrivare anche nell’ambito delle cause portate avanti dai familiari di Erba e Ciampi, che erano state riunite in un unico procedimento, facendo lievitare quindi l’ammontare complessivo dei risarcimenti. Ma c’è anche un altro aspetto della sentenza che sposa le tesi della famiglia perché Roberto Piazza - la guardia privata della All System quel giorno in servizio ai varchi che fu assolta in primo grado, condannata in secondo e poi morì per un malore mentre era in attesa dell’appello bis - secondo il Tribunale di Brescia "ben potrebbe definirsi come un’altra vittima del Giardiello", che sta scontando la condanna all’ergastolo.
"Abbiamo sempre considerato Piazza un capro espiatorio – spiega Aldo Claris Appiani – e questa sentenza rende parzialmente giustizia anche a lui. Il giudice ha riconosciuto che il vigilante, pur essendo in servizio a quel varco, non aveva mezzi sufficienti per far fronte con tempestività a tentativi di introduzione di armi da fuoco. Roberto Piazza deve essere considerato come la quarta vittima, e mi fa piacere che il giudice di Brescia condivida questa nostra opinione".
Una sentenza che, secondo Aldo Claris Appiani, è un "caso pilota" per un cambio di passo sul fronte della sicurezza negli uffici pubblici. I genitori dell’avvocato ucciso, intanto, hanno promosso diverse iniziative in memoria del figlio, tra cui un premio letterario e una borsa di studio all’Isola d’Elba, che potranno essere portate avanti anche grazie al maxi risarcimento. Un impegno anche attraverso l’Unavi, associazione che si occupa della tutela delle vittime di reati violenti. La presidente, Paola Radaelli, ha contattato i genitori dopo la sentenza, raccogliendo uno sfogo della mamma di Lorenzo, Alberta Brambilla Pisoni: "Dopo che si è chiusa anche questa pagina vorrei continuare a lottare per tutte le altre vittime nel nome di Lorenzo, perché non siano dimenticate".